giovedì 12 giugno 2008

berluscaz

mi stavo guardando la conferenza stampa congiunta tra Bush e il nostro Berlusca..
a parte le banalità e i convenevoli alla fine, grazie alla domanda di un saggio giornalista si è parlato un di Iraq e Iran.. sull'Iran non sono ferratissimo..
ma sull'Iraq un ne so.. quindi..
alla domanda Bush ha risposto che la situazione è migliorata parecchio dall'anno scorso.. a queste parole silenzio in sala.. ^^ anche Berlusconi, cadendo dalle nuvole, si è diplomaticamente detto felice per le nuove notizie..
alchè posto questo resoconto del dipartimento della difesa USA


http://www.paginedidifesa.it/2008/pdd_080409.html

Pagine di Difesa, 7 aprile 200
Ad aprile, il generale David Petraeus, il piu’ affermato ufficiale americano dell’anno, tornera’ a Washington per riferire al presidente Usa George W Bush e al Congresso la situazione della fase successiva a quella della dottrina del “surge” in Iraq. Il suo rapporto sara’ simile a quello gia’ descritto in precedenza, con alcune prudenti modifiche al suo interno, e quanto sara’ da lui detto verra’ sostanzialmente accolto da tutti in modo favorevole. I Repubblicani si feliciteranno con il presidente, sperando che gli americani la smettano di protestare e, finalmente, imparino, se non proprio ad amarla, almeno a tollerare la guerra in Iraq; i Democratici saranno solo leggermente contrariati perche’ gli sarebbe piaciuto che l’Iraq rimanesse uno dei principali argomenti di scontro della campagna elettorale presidenziale.Nel frattempo, gli iracheni continueranno a sopportare la situazione creatasi nel loro paese in attesa di vedere i risultati della dottrina del “surge”; finiranno per vivere ancora un altro brutale capitolo di quella guerra senza fine che una volta gli avevano promesso avrebbe portato loro la liberta’. Durante gli ultimi cinque anni, Baghdad, la capitale dell’Iraq, si e’ trasformata da una metropoli in un deserto urbano di palazzi semi distrutti e privo degli elementari servizi pubblici, punteggiata da mini-ghetti parzialmente deserti, ostili fra di loro, circondati da alte barriere di cemento armato, reminescenze delle fortificazioni medioevali.Il piu’ evidente esempio di questi ghetti e’ la super fortificata citta’-dentro-la-citta’ chiamata Green Zone (o International Zone), dove la forza militare piu’ agguerrita dell’Iraq, i militari americani, hanno il loro quartier generale. E’ governata dagli americani insieme al governo iracheno, da loro sostenuto, presieduto dal primo ministro Nuri al-Maliki. I rimanenti ghetti, piccoli e grandi, sono governati dalle milizie locali, per la maggior parte nemici giurati degli Stati Uniti e del regime di al-Maliki.Nelle aree sciite in espansione della capitale, le sentinelle sono spesso membri dell’esercito del Mahdi, la milizia facente capo al leader clericale sciita Muqtada al-Sadr che si e’ opposto alla presenza americana fin dall’inizio della occupazione dell’Iraq. Nelle aree della citta’ sotto controllo sunnita, che si stanno riducendo, le sentinelle sono di solito membri delle forze Sahwa (quelle del “Risveglio” o, nel gergo militare americano, i SoiSons of Iraq = Figli dell’Iraq).Gli americani hanno ceduto a loro il controllo dei loro domini circondati dai muri di cemento purche’ essi impediscano gli attacchi degli insorti in altre zone. Intanto, i cittadini di Baghdad continuano la loro lotta per sfuggire ai pericoli della violenza, della pulizia etnica, e dell’indigenza economica, la citta’ attende un confronto militare definitivo oppure alcuni mutamenti meno violenti che pero’ la conducano, dopo questa lunga e durissima situazione, ad una conclusione. Come si e’ giunti a tutto questo ?La pulizia etnica arriva a BaghdadQuando inizio’ l’occupazione Americana a Baghdad nell’aprile 2003, circa la meta’ dei quartieri cittadini non si caratterizzava per particolari appartenenze etniche. Alla fine del 2004, migliaia di sunniti, cacciati dalle offensive americane da Fallujah e da altre roccaforti degli insorti, iniziarono ad arrivare a Baghdad. Nei sempre piu’ popolosi quartieri la questione etnica inizio’ a svilupparsi, cosi’ come la rabbia dei sunniti verso il governo dominato dagli sciiti che invio’ le sue truppe in combattimento al fianco degli americani. Le milizie Sunnite, in origine organizzate per contrastare il crimine locale (dopo che gli americani avevano sciolto le pre-esistenti forze di polizia irachene) iniziarono a aggredire gli abitanti sciiti in alcuni dei 200 quartieri etnicamente misti della capitale.In molti casi, gli ormai frequenti atti di molestia si trasformarono in sistematiche campagne di espulsione dal quartiere, giustificati dalla necessita’ di alloggiare la massa dei rifugiati sunniti che aumentava rapidamente, e anche come rappresaglia contro il governo iracheno che sosteneva gli attacchi alle cittasunnite. Durante il 2005, la prima ondata di profughi sciiti inizio’ ad arrivare nell’immmensa Baghdad, nei vicoli malsani del quartiere di Sadr City, gia’ sovrappopolato di sciiti, e nelle altre citta’ sciite dell’Iraq meridionale.Nel gennaio 2006, l’attentato dinamitardo al tempio sacro degli sciiti, la moschea dalla Cupola Dorata in Samarra, provoco’ la spietata vendetta degli sciiti contro le comunitasunnite. Nella capitale, una lotta per il predominio nei quartieri misti si scateno’. Tra le milizie sciite e sunnite iniziarono i combattimenti sanguinosi con l’impiego di tutti i tipi di armamenti e l’applicazione di tutte le tattiche piu’ spietate, tipiche della guerriglia urbana, come auto-bombe e squadroni della morte. Qualunque fazione espelleva le altre, i gruppi minoritari come i cristiani, i curdi e i palestinesi capirono di non essere accettati e iniziarono a fuggire (o a morire). La pulizia etnica e’ attualmente al centro della spirale di violenza che avvolge Baghdad.Gli americani intervengono nei combattimentiNel maggio 2006, le forze americane per la prima volta intervengono in maniera significativa nella Battaglia per Baghdad. Con l’inizio dell’operazione Together Forward, le forze statunitensi iniziano a trasferire le brigate operative nella capitale nel tentativo di assumere il controllo delle roccaforti delle milizie sunnite e sciite. Questa strategia, comunque, si dimostro’ in breve tempo inefficace.Nell’agosto 2006, il New York Times riferi’ che la violenza settaria era entrata in una “spirale fuori controllo”. Dall’autunno 2006, il numero degli attacchi degli insorti in Baghdad crebbe del 26%, e i casi di morte violenta segnalati agli obitori cittadini si quadruplicarono. Sembrava che, paradossalmente, la campagna di pacificazione lanciata dagli americani, nonostante i buoni propositi che erano posti alla base del suo concepimento, pianificazione e organizzazione, avesse finito per generare ancora piu’ violenza in Baghdad.Le milizie sciite e sunnite, che gli americani cercavano di scovare, nonostante il loro pieno coinvolgimento nelle violenze etniche, erano anche le forze che garantivano la legge e l’ordine nei quartieri di Baghdad che altrimenti erano privi di alcun sistema di sicurezza interna. Le milizie dirigevano il traffico, arrestavano e punivano i criminali comuni, e mediavano le liti. Provvedevano anche a difendere i quartieri dagli intrusi, fossero essi soldati americani o iracheni, attentatori suicidi, squadroni della morte e bande di comuni criminali.Prima che gli americani si gettassero nella mischia, le roccaforti delle milizie erano poco vulnerabili agli attacchi settari. Dopo tutto, le loro strade erano saturate di uomini armati pronti a intervenire contro i loro nemici. La violenza etnica era invece largamente presente nei quartieri in cui non si era ancora affermata una componente maggioritaria. Nel penetrare in queste roccaforti, i soldati americani riportarono delle vittorie tattiche, cacciando i membri sopravvissuti delle milizie via dalle strade e dai quartieri, i quali, pero’, senza la presenza della polizia locale o di forze di difesa, diventavano immediatamente vulnerabili agli attacchi settari. Questa vulnerabilita’ fu a tutti visibilmente mostrata da quanto accadde nel quartiere di Sadr City, la roccaforte del movimento di Muqtada al-Sadr.In quanto base principale dell’esercito del Mahdi, questa citta’nella citta’ non aveva avuto precedenti esperienze di attentati con auto-bomba negli ultimi due anni fino a quando i soldati americani non cacciarono via i miliziani dai check point e dai punti di accesso e uscita principali, e iniziarono a pattugliare le strade con l’intenzione di catturare i capi dell’esercito del Mahdi che erano sospettati di essere i mandanti degli squadroni della morte e del rapimento di un soldato americano. Gli abitanti del quartiere dissero al Sabrina Tavernise, reporter del New York Times, che le operazioni avevano “costretto i miliziani dell’esercito del Mahdi che stavano sorvegliando le strade del quartiere a volatilizzarsi”. Subito dopo, la prima auto-bomba scoppio’.Il livello della violenza ebbe una impennata nel novembre 2006, quando un attentato coordinato di cinque auto-bomba uccisero almeno 215 iracheni provocando il ferimento di altri 257. Qusai Abdul-Wahab, un parlamentare dell’ala politica del movimento religioso sciita di Muqtada al-Sadr, parlando a nome di molti cittadini disse all’Associated Press: “Le forze di occupazione sono pienamente responsabili per questi attentati e questa situazione di insicurezza”. Questi eventi generarono una immensa amarezza tra gli sciiti, che fece ritenere che gli americani e il governo iracheno si preoccupavano solo di attaccare l’esercito del Mahdi senza contrastare e reprimere gli attacchi della Jihadi sunnita.Questo diffuso sentimento incoraggio’ il loro sostegno agli squadroni della morte, che cercavano di colpire le comunitasunnite che erano ritenute responsabili di offrire rifugio agli attentatori. Gli americani finirono anche per facilitare questi attacchi di rappresaglia. Gli insorti sunniti nei sobborghi di Baghdad di Balad e Duluiiyah, per esempio, furono sospettati della strage di 17 lavoratori sciiti avvenuta in un azione molto pubblicizzata che rappresentava un lampante esempio della brutalita’ dello scontro delle fazioni.Le truppe americane e i loro alleati iracheni circondarono i due quartieri e penetrarono al loro interno. Gli invasori velocemente ridussero al silenzio le milizie degli insorti lasciando pero’ le strade senza sorveglianza. Subito dopo, gli squadroni della morte sciiti fecero la loro apparizione. Alcuni di questi sembravano essere stati organizzati all’interno delle nuove unita’ militari regolari irachene composte da sciiti che affiancavano gli americani all’interno delle aree abitate dalle communitasunnite.Secondo il Washington Post, “un ufficiale della polizia irachena, il capitano Qaid al-Azawi, ha accusato le forze militari americane di restare ferme in Balad mentre miliziani sciiti, a bordo di auto della polizia e indossando uniformi della polizia irachena massacravano i sunniti”. Di fronte a questi attacchi, moltissimi abitanti iniziarono a fuggire. E in questo modo la spirale dei massacri inizio’ ad avvolgere la citta’ includendo tutte le fazioni, mentre i quartieri iniziarono a essere sistematicamente svuotati dai membri delle fazioni che, a livello locale, erano risultate perdenti.Di fronte al moltiplicarsi degli eventi che si erano sviluppati nel corso della guerra, questa situazione disastrosa per i cittadini di Baghdad, che non veniva in alcun modo contrastata, era solo una componente marginale per l’occupazione americana. Per l’amministrazione Bush, la tempesta di violenza che stava imperversando sulla capitale irachena aveva almeno un vantaggio: le due principali fazione nemiche dell’occupazione si stavano combattendo fra di loro. A tal proposito, un funzionario dei servizi d’intelligence americana dichiaro’ al giornalista Seymour Hersh: “La Casa Bianca crede che se i soldati americani resteranno abbastanza a lungo – con un contingente di truppe numericamente sufficiente – gli insorti di ogni razza alla fine si elimineranno l’uno con l’altro”.L’iniziativa del surge (onda montante)Mentre l’operazione Together Forward continuava, una ondata intensa di violenza attraversava la capitale irachena. Nel novembre 2006 le perdite americane in citta’ raggiunsero la quota di 113, il livello piu’ alto negli ultimi due anni, cifra che in sé non doveva sorprendere tenuto conto che i soldati statunitensi erano penetrati nelle roccaforti delle milizie. Altri dati statistici, in ogni caso, stavano ponendo a dura prova le attese degli americani.Il numero degli attacchi da parte degli insorti, che si erano in precedenza ridotti, si impenno drammaticamente. Nella prima meta’ del 2006 si erano mantenuti su un numero poco al di sotto dei 100 al giorno, e improvvisamente, il giorno dopo che l’offensiva americana era iniziata, balzarono a 140 al giorno per poi attestarsi intorno ai 160-180 attacchi quotidiani per la restante parte dell’anno.Anche il numero dei micidiali attentati dinamitardi, la cui riduzione era uno dei principali obiettivi dell’offensiva americana, aumento’. Secondo le statistiche delle forze armate statunitensi pubblicate dall’Istituto Brookings, alla fine del 2005 il numero di attentati con esplosivo aumentarono da meno di 20 a piu’ di 40 al mese, e aumentarono di molto il loro numero in coincidenza con l’inizio della offensiva americana alla fine della primavera del 2006, raggiungendo, nel dicembre 2006, il numero di 69. I decessi attribuiti alle conseguenze di questi attentati con ordigni esplosivi aumentarono da meno di 500 al mese agli inizi del 2006 ad almeno 1.000 nel seconso semestre dello stesso anno.Anche la densita’ degli abitanti tocco’ nuovi record, specialmente in quelle aree dove gli americani erano piu’ attivi. Per reazione, gli americani concepirono un nuovo piano per pacificare la citta’ di Baghdad. Questo piano e’ divenuto noto come il “surge”. Senza modificare le premesse fondamentali dell’operazione Together Forward, esso mostro’ le tremende responsabilita’, emerse dall’evidenza dei fatti, in merito alle drammatiche conseguenze dovute all’esiguita’ delle truppe che erano state impiegate.Adesso, decine di migliaia di soldati americani sono stati dislocati dentro Baghdad, e ai principi strategici dell’operazione Together Forward sono stati aggiunti quelli tattici ricavati dalla esperienza maturata negli assalti alla citta’ sunnita di Fallujiah del 2004. Ogni area presa di mira adesso viene preventivamente circondata per evitare che gli insorti fuggano. Poi, quando i combattimenti sono stati iniziati, la schiacciante potenza di fuoco americana puo’ essere scatenata contro gli insorti.Come il capitano Paul Fowler ha spiegato alla reporter del Boston Globe, Anne Barnard durante i combattimenti a Fallujah: “il solo modo per spazzare via gli insorti e’ quello di distruggere qualsiasi cosa che appare davanti alla tua strada”. Come a Fallujah, il nuovo piano “surge” prevede che gli americani restino nei quartieri / villaggi per prevenire il ritorno degli insorti e per controllare l’operato delle nuove unita’ dell’esercito iracheno che hanno condotto al loro fianco nei combattimenti.La battaglia di Haifa StreetPoco prima che il presidente Bush annunciasse la strategia del “surge”, appena prima che nuovi soldati americani arrivassero in Iraq, la prima battaglia fu lanciata. Prima dell’alba del 9 gennaio 2007, gli americani e i governativi iracheni attaccarono una roccaforte degli insorti sunniti in Haifa Street appena fuori dalla Green Zone. I reporter Sudarsan Raghavan e Joshua Partlow del Washington Post descrissero il tipo di potenza di fuoco che venne applicato quando il combattimento per la conquista dell’area urbanizzata ebbe inizio.Dai tetti e dagli accessi degli edifici, gli insorti spararono con i fucili d’assalto AK-47 e le mitragliatrici. Anche i tiratori scelti presero di mira i soldati americani e iracheni. I soldati statunitensi iniziarono a rispondere al fuoco con le mitragliatrici pesanti da 12.7 mm montare sui loro veicoli blindati. Impiegarono missili filoguidati controcarro Tow e lanciagranate Mark-19. I caccia-bombardiere F-15 mitragliarono i tetti delle case con i loro cannoni di bordo, mentre gli elicotteri Apache lanciavano i missili Hellfire.Dopo 11 ore di morte e devastazione, 1.000 soldati americani e iracheni furono in grado di iniziare la ricerca casa per casa, catturando o uccidendo i sospetti insorti sopravissuti. Una settimana piu’ tardi, i giornalisti Nancy Youssef and Zaineb Obeid del McClatchy News si recarono in Haifa Street. Essi trovarono distruzioni imponenti, la presenza di forze militari americane che si prendevano cura di tutte le attivita’, comprese l’aiuto per lenire le sofferenze patite dagli abitanti della zona in conseguenza dei combattimenti. Elementi del nuovo esercito iracheno a maggioranza sciita avevano gia’ iniziato una sistematica campagna per cacciare dal quartiere la componente sunnita.Un abitante di Haifa Street di 44 anni, che chiese di essere menzionato solo come Abu Mohammed per razioni di sicurezza, disse che solamente tre o quattro delle circa 60 famiglie sunnite erano rimaste a vivere nel suo rione. Egli aggiunse che a nessun veicolo era permesso di viaggiare nell’area che non c’era elettricita’, kerosene per il riscaldamento o acqua corrente. I tiratori scelti americani avevano preso posizione sui tetti.Osservando la fuga dei sunniti, sembrava che gli americani stessero sponsorizzando la pulizia etnica messa in atto dagli sciiti. Un abitante commento’: “Gli americani non stanno facendo niente, e’ come se stessero appoggiando le milizie sciite contro i sunniti. Se questo atteggiamento continuera’ ancora per una settimana, io penso che non troverete piu’ nessuna famiglia sunnita che restera’ in Haifa Street”.Dalla fine di gennaio 2007, prima che i rinforzi contemplati nella dottrina del “surge” arrivassero, la battaglia di Haifa Street termino’. Un forte contingente di soldati americani rimase sul posto, mentre grandi barriere di cemento – chiamate T-wall per via della loro forma – venivano collocate attorno al quartiere con la realizzazione di accessi fortificati, separando di fatto i residenti dal resto della citta’.Gli insorti sopravissuti si vendicarono dando vita ad azioni intermittenti di guerriglia, organizzando ogni mese almeno 20 attentati contro gli americani – una consistente riduzione rispetto alla media di 74 attentati che si registravano prima della grande battaglia combattuta in gennaio. Le forze americane organizzarono un insieme di 34 pattuglie da combattimento per ogni giorno con il compito di catturare o eliminare le residue forze degli insorti. Nel gennaio 2008, e’ stato pianificato un tentativo degli americani di lasciare Haifa Street al controllo delle forze governative irachene. Deve essere ancora attuato.I risultati del “surge”Haifa Street puo’ diventare il caso tipico di molte comunita’ di Baghdad che hanno subito in pieno l’impatto con l’offensiva militare del “surge”. Un anno piu’ tardi, il quartiere porta ben visibili i segni dei furiosi combattimenti. Non ci sono stati interventi per ristabilire i servizi pubblici, incluso la rete di distribuzione elettrica o il sistema che dovrebbe rifornire acqua potabile; con ci sono servizi sanitari, non esiste nessuna forma di trasporto pubblico.Ralph Peters, giornalista del The New York Post, sintetizza la situazione del governo del premier al-Maliki all’interno della sconsolata Green Zone: “Il governo iracheno non e’ molto d’aiuto, nessuno, si preocupa di ripristinare la zona di Haifa Street”. Il comandante americano di Haifa Street gli ha detto che gli americani si aspettavano uno “sviluppo economico spontaneo” realizzato con investimenti da parte dei singoli abitanti affinche si sviluppasse l’area attraverso i loro sforzi, con l’aiuto iniziale di un limitato numero di “piccoli prestiti” (di poche centinaia di dollari ciascuno) tratti dai fondi militari per la cooperazione con i civili. Non deve sorprendere poi che, a parte l’apertura di un nuovo negozio di alimentari, non ci sia niente altro di economico di cui parlare.Nello stesso tempo, decine di migliaia di residenti, per la maggior parte sunniti, avevano abbandonato Baghdad, con la maggior parte dell’area urbana trasformata da sunnita a sciita, insieme ad altri piccoli gruppi che avevano preso altre direzioni. Nel gennaio 2008, il tenente colonnello Tony Aguto, il comandante americano in Haifa Street, aveva stimato che piu’ di 50mila abitanti del quartiere, dei 150mila iniziali, lo avevano abbandonato durante l’anno precedente.L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha stimato che i pesanti combattimenti del “surge” nella prima parte del 2007 hanno provocato 90mila profughi al mese, la maggior provenienti da Baghdad, che alla fine del 2007 hanno raggiunto il totale di 800mila. Come la pulizia etnica nella zona di Haifa Street e in altri luoghi fu completata, il numero dei profughi inizio’ a diminuire, arrivando a 30mila nel dicembre 2007.Gli abitanti di Baghdad iniziarono a cercare disperatamente dei posti di lavoro per affrontare le urgenti e pressanti necessita’ dovute al sostegno delle famiglie in un contesto di economia stagnante e nella quasi totale mancanza di interventi da parte del governo. Questo non era, commentava il tenente colonnello Aguto, un problema di cui si dovevano fare carico gli americani. “ Questo e’ - egli disse - un compito del governo iracheno, e’ suo dovere risolvere questa situazione”. Il governo iracheno non ha ancora assunto nessuna iniziativa in questo settore.Il riflusso del “surge”Come e’ stato illustrato nel caso della battaglia di Haifa Street, il “surge” ha aumentato in modo significativo il livello di violenza nella capitale, specie durante i sei mesi in cui gli americani si mossero passando da un quartiere a uno successivo, impiegando tutta la potenza di fuoco in loro possesso. Quando i combattimenti pesanti terminavano in un quartiere in cui erano penetrati, gli americani si preoccupavano di consolidare le loro vittorie militari attraverso l’erezione di quelle robuste barriere – divenute ormai omnipresenti nel panorama di Baghdad – che assicurano la segregazione su base etnica in ciascun quartiere o rione. Queste divennero linee di demarcazione e confini invalicabili nel contesto di questa guerra civile cittadina, i nuovi confini di una citta’ disintegrata.L’erezione dei muri provoco’ di fatto la limitazione degli scambi di qualsiasi tipo, ridotti a ben poche cose, e hanno impedito qualsiasi tipo di contatto fisico, sociale ed economico tra i quartieri trasformati in ghetti etnici grazie alla pulizia etnica, mentre una volta essi erano interdipendenti fra loro in virtu’ degli scambi che garantivano la reciproca sopravvivenza quotidiana. Ovviamente, la gia’ compromessa situazione economica della citta’ ricevette un altro durissimo colpo. Gli abitanti di questi nuovi ghetti, impossibilitati a svolgere le loro professioni, iniziarono ad aumentare il livello della loro disperazione e, in cerca di soluzioni, iniziarono a sostenere le milizie locali che con la loro propaganda promettevano di parlare e agire per il loro bene.Come gli sforzi americani di cacciare gli insorti sono continuati, le milizie sciite sono passate da est verso ovest attraverso Bagdad, creando sempre più aree sciite nei quartieri che una volta erano misti o erano a prevalenza sunnita. Principalmente nelle parti occidentali e meridionali di Baghdad, le milizie sunnite sono riuscite a resistere, consolidando il loro controllo nelle aree che gli americani non avevano ancora invaso. La ghettizzazione di Baghdad, che era iniziata in misura modesta all’inizio del 2005, ebbe un accelerazione all’inizio del 2007 con l’inizio del “surge” americano e fu largamente completato nell’autunno del 2007.Da quel periodo, quella che una volta era una citta’ praticamente suddivisa tra sunniti e sciiti, si e’ trasformata in una capitale con il 75% dei residenti di etnia sciita. La forza militare americana fa sentire la sua presenza ai posti di blocco, in molti piccoli avamposti dislocati attorno alla citta’, e attraverso il pattugliamento all’interno dei quartieri adesso fisicamente marcati dai muri di cemento armato. A livello locale, comunque, le aree sono ancora sotto il controllo delle varie milizie in quella che non e’ piu’ una citta’, ma un insieme di ghettizzate micro citta’-stato.La fine del “surge”Dopo una primavera e una estate di pesantissimi combattimenti, comunque, gli americani sono stati abbastanza vicini alla pacificazione della citta’. Da un altro punto di vista, il “surge” ha aggravato la situazione gia’ esistente. Prima che iniziasse, in molti quartieri non c’erano milizie sunnite o sciite dominanti; dalla meta’ del 2007, virtualmente ogni comunita’ ha avuto il suo mini-governo, di solito dominato dalla milizia che era allo stesso tempo ostile all’occupazione americana e al governo nazionale iracheno. Per affermare l’autorita’ del governo centrale sull’intera citta’, ogni quartiere avrebbe dovuto essere invaso e conquistato di nuovo.Senza annunciare un mutamento nella loro linea di condotta, gli americani hanno abbandonato, nella sostanza, il “surge” alla fine dell’estate 2007 per passare al sistema di cooptazione all’insegna del “vivi e lascia vivere”. Sul versante sunnita gli americani hanno iniziato a sostenere una versione del movimento sunnita detto “Il risveglio”, che si era sviluppato senza l’incoraggiamento americano nella provincia di Anbar l’anno precedente, finendo per negoziare delle tregue militari con i diversi gruppi di insorti sulla base delle piccole comunita’ sunnite irachene.Gli americani hanno concesso alle milizie il diritto di vigilare sulle loro comunita’ agendo come forze di polizia, in cambio della cessazione delle azioni offensive condotte contro di loro dagli americani, interrompendo i blitz all’interno dei villaggi / comunita’ per arrestare o eliminare i sospettati di essere degli insorti. In cambio, gli insorti sunniti hanno cessato i loro attentati contro i soldati americani e contrastato le attivita’ jihadaiste di al-Qaida nei loro quartieri, compresa la pianificazione e le esecuzione di attentati con auto-bombe e altri atti terroristici diretti contro le vicine comunita’ sciite.Sul versante sciita, gli americani hanno sostanzialmente negoziato un cessate il fuoco con l’esercito del Mahdi, annunciato pubblicamente come se si fosse trattato di una decisione unilaterale presa dal suo leader religioso Muqtada al-Sadr. I gruppi sciiti hanno interrotto la pratica di piazzare i loro micidiali ordigni esplosivi lungo le strade per farli detonare al passaggio delle pattuglie americane e hanno deciso di non continuare con le imboscate contro le unita’ americane e dell’esercito governativo iracheno che si muovono nei loro quartieri. Gli americani hanno interrotto i loro raid e le loro offensive nei quartieri sadristi e hanno minimizzato i loro sforzi per arrestare i leader sadristi, eccetto quando qualcuno di essi, specificamente individuato, rompe il cessate il fuoco.Il risultato di questi duplici accordi e’ stata una immediata riduzione delle violenze in tutta Baghdad. Con gli americani che onorano la loro parte degli accordi, i furiosi combattimenti conseguenti i loro attacchi, come quello alla roccaforte di Haifa Street, non si sono piu’ verificati, come anche sono quasi scomparse le brevi scaramucce dovute ai tentativi degli americani di catturare degli specifici aderenti alle milizie degli insorti.In cambio, gli attacchi contro i distaccamenti isolati e le autocolonne americane in Baghdad si sono ridotti e gli jihadaisti, in gran parte espulsi dalle comunita’ degli insorti sunniti, hanno deciso di smobilitare o trasferirsi verso l’Iraq settentrionale dove i negoziati con i gruppi di insorti non sono ancora avvenuti. Questa era, comunque, un po’ di piu’ di una semplice tregua fra nemici, una tregua che attualmente ha concentrato le milizie all’interno delle loro comunita’. Gli insorti sunniti, ora ritenuti affidabili e legittimati al ruolo di poliziotti e anche pagati e armati dagli americani, iniziano ad avanzare richieste politiche in merito al ripristino dei servizi, quali la ricostruzione delle infrastrutture e programmi per la creazione di posti di lavoro per i loro disperati seguaci, e tutto questo mentre continuano ad accusare il governo iracheno di essere una creatura delle politiche degli Stati Uniti e dell’Iran.Le milizie sciite dell’esercito del Mahdi, dopo aver esteso la loro influenza anche nei quartieri che in precedenza erano di etnia mista, hanno utilizzato la tregua per diffondere i loro programmi di sviluppo di una rete minimale di servizi sociali, non completi ma significativi se rapportati a un contesto che ne e’ del tutto privo, e chiedono di incrementare le possibilita’ di accedere ai finanziamenti che potrebbero rivitalizzare l’economia della capitale irachena.Il loro portavoce nazionale continua a insistere che il paese non potra’ iniziare una vera riedificazione fin quando gli americani non si ritireranno, e fino a quando le barriere che essi hanno eretto – settarie e di cemento – non saranno rimosse. Sebbene molte comunita’ di Baghdad stiano adesso vivendo il loro periodi con la minore violenza degli ultimi due anni, la loro situazione non puo’ essere considerata accettabile; non e’ ancora stabilizzata. Le barriere di cemento, che hanno favorito la riduzione della violenza, hanno pero’ di fatto reso quasi sempre impossibile l’affermarsi di una vita sociale e economica.Molti abitanti di Baghdad sono adesso rinchiusi nei loro ghetti, timorosi verso tutti gli sconosciuti, spesso timorosi di inviare i loro bambini a frequentare le scuole poste al di la’ delle barriere che delimitano il loro ghetto, impossibilitati a raggiungere i loro precedenti posti di lavoro in altri quartieri della citta’. I datori di lavoro, gli imprenditori, privati sia dei loro lavoratori e sia dei clienti, sono stati costretti a chiudere le loro attivita’. L’economia si e’ fermata da molto tempo.Per molti abitanti di Baghdad, il fatto che esista un governo iracheno e’ semplicemente irrilevante. Non e’ presente con le sue strutture amministrative in nessuno dei quartieri della citta’ e non ha la capacita’ di ripristinare i servizi essenziali. La sua unica visibile presenza e’ il nuovo esercito iracheno, che e’ comandato e controllato da ufficiali statunitensi; le unita’ irachene agiscono apparentemente in modo indipendente, eseguono gli ordini della leadership sciita. Nei quartieri, anche a poche centinaia di metri dalla Green Zone, il governo iracheno non esiste.Gli americani restano le truppe numericamente piu’ presenti sul terreno, ma non hanno il controllo dell’Iraq; mantengono a Baghdad la piu’ agguerrita tra le forze militari, in grado di sovrastare militarmente qualsiasi avversario, ma incapace di mantenere un ruolo di stabilizzatore, anche in aree spettrali circoscritte da alte mura come Haifa Street. Non sono in grado di fornire elettricita’, acqua, posti di lavoro o anche molto spesso il transito sicuro verso il vicino quartiere.All’inizio del maggio 2006, Nir Rosen, uno dei piu’ informati e perspicaci giornalisti che si interessano dell’Iraq, con visione premonitrice descrisse la posizione immodificabile delle forze militari americane in questo modo: “L’esercito americano e’ perso in Iraq, sin da quando vi e’ giunto. Ha bombardato i sunniti, ha bombardato gli sciiti, ha bombardato la maggior parte di un popolo innocente. Incapace di distinguere fra chiunque, certamente incapace di gestire la sua enorme potenza, eccetto che nella prima strada appena svoltato l’angolo dove si trova schierato [...] gli americani sono solo una milizia in piu’ che si aggiunge all’anarchia.” Questa descrizione non e’ stata mai cosi’ vera come quella che si verifica oggi nella capitale.Gli abitanti di Baghdad stanno aspettando; aspettano che le mura che circondano i loro quartieri vengano abbattute, che la rete di trasporto pubblico venga ripristinata, e che le strade vengano riaperte cosi’ che sia possibile muoversi per tutta la capitale come avveniva una volta.Essi attendono che i servizi pubblici vengano ristabiliti cosi’ che sia possibile tornare ad accendere o spegnere la luce in ogni momento, avere acqua pulita che esce dai rubinetti, e forse anche essere in grado di contribuire allo “sviluppo spontaneo dell’economia”. Essi attendono degli imprenditori che inizino ad assumere nuovamente, cosi’ che essi siano in grado di iniziare a sostenere le loro povere famiglie.Aspettano la partenza degli americaniPetraeus raccontera’ al Presidente e al Congresso degli Stati Uniti che la violenza si e’ ridotta in modo sensazionale a Baghdad, che ci sono segnali di progressi politici dentro la Green Zone, e che questi progressi saranno perduti se gli Stati Uniti non resteranno attivi in Iraq. Non dira’ che Baghdad e’ un deserto urbano di edifici semi-distrutti e privo degli elementari servizi pubblici, punteggiata da mini-ghetti parzialmente deserti, ostili fra di loro, circondati da alte barriere di cemento armato, reminescenze delle fortificazioni medioevali.Fonte: Michael Schwartz, docente di sociologia presso la Stony Brook University, ha scritto molti testi sulle proteste popolari e le insurrezioni.
Questo articolo sulla battaglia di Baghdad e’ stato estratto dal suo libro, di prossima pubblicazione, “War Without End: The Iraq Debacle in Context” (Haymarket Books, June 2008).


è un pò lunghetto..^^
ma è illuminante.. io l'ho utilizzato per la conclusione della tesi.. se uno si prende la briga di leggerlo capisce che le parole di Bush non saltano fuori dal nulla..
in Europa, a parte i servizi segreti, credo che nessuno, politici compresi, sappia cosa accade nel mondo in tempo per preparare politiche adeguate..
insomma cazzo... ci dovrebbero essere funzionari competenti e politici eletti per governare o solo per sparare cagate in tele..

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