lunedì 30 giugno 2008

la grigliata di ieri sera..




doveva essere una tranquilla serata passata mangiare mentre ovviamente è degenerata nello svacco assoluto.. ^^'
nonostante le zanzare, il caldo, la tempesta e la vittoria della Spagna.. ci si può ritenere soddisfatti..
se solo non fosse per il cerchio alla testa di stamattina... ^^

venerdì 27 giugno 2008

10 giorni di lutto al livello


sgironzolando su interdet sono finito sulla pagina di wikipedia dedicata ai Satanic Surfers... e guardate cosa ho scoperto..
"Hanno concluso la loro carriera nel 2007 dopo l'abbandono del gruppo da parte di Magnus (chitarra); pur concludendo gli impegni presi per il tour con Dana alla chitarra, proveniente dai Venerea."
anche se erano un po' decaduti negli ultimi anni sono comunque stati il più grande gruppo mondiale di sempre.. ricordo ancora quando putlet rasgà avevo comprato Going Nowhere Fast.. cacchio era il '99... e mai nessun album si è anche lontanamente avvicinato a quei livelli..
vabbè fine dell'orazione funebre... ci bevremo dietro stasera..





home of sumari..


Nomadi Il Garante per la protezione dei dati personali rileva che le disposizioni di Maroni "potrebbero coinvolgere delicati problemi di discriminazione che possono toccare la dignità delle persone e specialmente dei minori". Le proteste contro la schedatura dei minori rom tramite le impronte digitali voluta dal Viminale
Si fanno sempre più consistenti le polemiche sulla scelta del Viminale di operare una schedatura, tramite la raccolta delle impronte digitali, della popolazione infantile rom....
è molto grave.. ma inizio anche io a credere che certa magistratura è un cancro... cribbio ^^

land of free


Dichiarata incostituzionale la legge del distretto di Columbia che invecevieta ai propri residenti di avere pistole
NEW YORK
Con una sentenza destinata a far discutere, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribadito la validità del secondo emendamento della Costituzione americana e il diritto dei cittadini di possedere armi da fuoco, dichiarando incostituzionale la legge del distretto di Columbia che invece vieta ai propri residenti di avere pistole e fucili. La sentenza è stata raggiunta con 5 voti a favore e 4 contrari e ribadisce il diritto degli americani di possedere armi per la caccia e la difesa personale. È la prima volta dagli anni Trenta che la Corte Suprema si esprime direttamente sul controverso secondo emendamento, la cui interpretazione è da sempre oggetto di acceso dibattito. Il paragrafo infatti garantisce il diritto di possedere armi per la difesa personale a «milizie organizzate», ma non è chiaro se si riferisca anche ai singoli cittadini. La municipalità di Washington proibisce dal 1976 il possesso di qualsiasi arma non registrata. Senza una licenza, non si può neanche trasportare un’arma da una camera all’altra della stessa casa. E le pistole in regola non devono avere il proiettile in canna. Un provvedimento severo, introdotto per fermare la cronica violenza nelle strade della capitale. Ma la decisione dei giudici potrebbe avere ripercussioni anche a livello nazionali, sulle leggi che regolano il porto d’armi anche in altri Stati.
e noi stronzi europei neanche un coltellino slamato possiamo portare... ue ue ue '^^'

giovedì 26 giugno 2008

antologia hc - Pennywise

ma va che pezzo.. e che video.. ^^'

alla fine di ogni concerto.. prima di bro Hymn naturalmente...

grigliatina domenica!!!!!

arrivo un po' in ritardo visto che lo sanno già tutti... ma fa lo stesso... '^^
domenica sera, con la scusa di finire dell'alcool che ci si tira dietro da mesi (^^) ci facciamo una grigliatina al livello.. roba tranquilla e senza il casino delle ultime volte.. così lo staff si stufa meno.. ^^'
per i dettagli (tipo ora e sordi..^^) chiedete all'Erika.. '^^

la partitella dell'altra sera..


risiko molto difficile e reso ancora più duro dal caldo opprimente.. ^^
cmq nonostante i verdi del Soli fossero stati avvantaggiati nella distribuzione dei territori.. alla fine ha vinto il Tuz con i viola conqustando mezzo mondo (e anche più) ed elimindo i rossi...
i gialli come al solito non pervenuti.. ^^

martedì 24 giugno 2008

aforismi...

Tutto nella donna è un enigma e tutto ha una soluzione: si chiama "gravidanza".

Due cose piacciono ad ogni vero uomo: il gioco ed il pericolo. Per questo ama la donna che è il giocattolo più pericoloso.

Per troppo tempo nella donna si sono nascosti uno schiavo e un tiranno. Percio' la donna non e' capace ancora di amicizia, ma conosce solo l'amore.

Apro un libro scritto da una donna e sospiro: un'altra cuoca mancata...

F. Nietzsche Zarathustra

non c'ho più esami da studiare e mi sto divertendo un sacco a rileggermi quel vecchio baffone di Nice... niente da dire un vero femminista politically correct... ^^'

lunedì 23 giugno 2008

torniamo al Livello


dopo un pò di assenza.. vediamo di ritrovarci al livello stasettimana.. tastando la pubblica opinione (^^) pare che domani sera vada bene un pò a tutti..

boxer vs maroccos

va che fila ad casòt.. ^^

chi viene con me a fare boxe l'anno prox...??? ^^'

a casa pure noi..


porcaz...
sportivamente auguro la morte a tutte le squadre rimaste..

venerdì 20 giugno 2008

ricordiamo cosa siamo..

guardate un pò cosa ho trovato sul tubo..

video spettacolare.. alla fine mi son venuti i lacrimoni.. ^^

Croazia vs Turchia


ho scoperto quest'anno che agli Europei partecipa anche la Turchia....
mi astengo dai commenti, ma un forza Croazia non me lo leva nessuno...... ^^

giovedì 19 giugno 2008

priceless


^^
che gòst..
andrò avanti un mese a offendere l'Afrancia... ^^'

divieti di pascolo errati..

Padova: maiale a passeggio vicino a moschea, indagati 5 leghisti

19 giu 17:06 Cronache

ROMA - Fecero passeggiare un maiale sul sito dove sarebbe dovuta sorgere la nuova moschea di Padova. Ora cinque esponenti della Lega padovana sono indagati per offesa a una confessione religiosa. Si tratta del segretario provinciale del Carroccio Maurizio Conte, della consigliera comunale Mariella Mazzetto, del segretario di circoscrizione Giovanni Baldan, dell'allora segretario di sezione Fabrizio Boron e dell'attuale segretario cittadino Leandro Comacchio. Le indagini sono condotte dal pm Emma Ferrero, che chiede una proroga fino al 23 gennaio. (Agr)

dando per scontato che sono favorevolissimo al diritto di pascolo per i maiali e molto meno su quello dei musulmani, che cazzo di reato è?! la moschea ancora non c'era?! ma p.........


ritrovo..


bella serata ieri.. peccato che nessuno voleva bere.. e sono rimasto da solo... '^^
tra le foto mandate dall'Erika ho preso questa un pò sfuocata che fa molto lucignolo e anche molto gggiovane... ^^

mercoledì 18 giugno 2008

à la maison!


Afrancia eliminata e turno passato.. meglio di così...

martedì 17 giugno 2008

antologia hc (melodico) - H2O

mi spiace ragas, ma il genere radicalmente opposto all'emo è l'hc..

e bom.. quei parrucconi truccati avranno fatto anche belle canzoni..

ma esteticamente sono troppo compromessi.. ^^ se suonassero oggi invece che 25 anni fa sarebbero emo.. ^^

about politically correct

IL DECALOGO DELL'UOMO

01- L'uomo non tocca, sfiora casualmente.
02- L'uomo non guarda le altre donne, ne ammira la personalità.
03- L'uomo non molesta, svolge pubbliche relazioni.
04- L'uomo aiuta sempre sua moglie... a spogliarsi.
05- L'uomo non si ubriaca, misura la sua resistenza all'alcol.
06- L'uomo non dimentica le ricorrenze, ha altre priorità.
07- L'uomo non è disordinato, ha una visione asimmetrica del tutto.
08- L'uomo sa ascoltare la sua donna... purché stia zitta.
09- L'uomo non è volgare, ha una sua schietta semplicità.
10- L'uomo pensa sempre al sesso... per scongiurare l'estinzione


^^'

lunedì 16 giugno 2008

oh che pezzo..!!

la canzone l'ho sentita in tele e poi l'ho cercata..^^ spettacolare..

ma il gruppo....... orripilante!!! ma come cazzo si combinavano!! ^^

un pò effemminati.. se non fosse per la musica li prenderei per degli antichi emo..

Costringe l'ex fidanzata a stirare

Ansa

Dom 15 Giu - 19.35

GENOVA, 15 GIU - Entra in un pub, prende la ex fidanzata, la caricata in auto e la porta a casa, dove la costringe a stirare e a lavare i piatti, arrestato. L'uomo, un genovese di 43 anni, con precedenti per lesioni, violenza e violazione di domicilio, ha costretto la ex fidanzata, 30 anni, che si trovava in un pub con un'amica, a seguirlo. Una volta a casa l'ha costretta con le minacce a lavare i piatti e a stirare. I carabinieri, avvertiti dalla amica della donna e dal gestore del locale, lo hanno arrestato.

fonte: www.ansa.it

ahahahah mitico...

euro porc

Deluso dagli Europei di calcio? Consolati con i campionati Hot Shots: partite mozzafiato fra modelle nude...
Sabato 14.06.2008
Per tutti quelli che questi Europei 2008 li stanno vivendo con ansia, per rifarsi dalle delusioni e dalle sconfitte, per dare un tocco sexy all'evento sportivo dell'anno arrivano i campionati europei "alternativi", gli "Hot Shots", ovvero un torneo di calcio da spiaggia tra squadre europee formate da bellissime fanciulle in bikini.Per tutta la durata degli Europei di calcio, su Mideo.de e su 9Live sarà possibile godersi partite mozzafiato dove non è detto che la nostra squadra del cuore si prenda la sua rivincita. Da una parte quindi i campionissimi del pallone che si sfidano a suon di gol, dall'altra fantastiche modelle seminude che scendono in campo per difendere i colori della propria nazione attraverso una sfida ai rigori. Ogni giorno, come da programmazione ufficiale, riprendendo il calendario dell'Europeo ufficiale in corso in Austria e Svizzera, anche le squadre al femminile degli Hot Shots si sfidano con il puro e semplice pretesto di esporre al pubblico internauta il fascino incredibile della modelle impegnate nella disputa.
La sfida fra Italia e Olanda? Purtroppo è terminata, ahinoi, in un modo non molto dissimile dalla sfida di Berna.
quasi quasi una capatina..

errore..autoflagellazione


allora mi son sbagliato..
ho confuso il trattato di Lisbona con l'agenda di Lisbona..
il primo lo stanno approvando i vari paesi UE in questi mesi.. il secondo l'hanno approvato quest'inverno..
tra l'altro sto trattato non è neanche malaccio, anzi ci sono pure parecchie cose giuste.. tipo un unico ministro degli esteri per tutt'Europa..
quindi faccio ammenda.. offrirò da bere a chiunque me lo chiederà..^^'

cmq tutte le critiche all'agenda di Lisbona restano.. è una merdata ultraliberista.. peccato che nessun popolo europeo abbia potuto esprimersi su quello..

ohhhh yeahhh!!


ultimo esame fatto.. 30 e lode!! e inculo all'università..
tornando a noi..
stasettimana al livello sarà dura..
dopo le sbevazzate di giovedì e venerdì scorso toccherà passare.. al max dopo giovedì.. tra la nazionale, il torneo e morose varie.. non c'è più tempo.. ^^'

venerdì 13 giugno 2008

oh ah up da ra

bellissimo pezzo folk..

con un sentito ringraziamento agli Irlandesi per aver cassato l'ennesima cagata ultra liberista partorita da banche e UE..

go Ireland go!!

L'Ue nel caos/ L'Irlanda ha detto no al Trattato di Lisbona. Governo italiano spaccato - Affaritaliani.it
L'Ue nel caos / L'Irlanda ha detto no al Trattato di Lisbona.
Governo italiano spaccato
Venerdí 13.06.2008 09:26
L'Unione europea piomba nel caos. Manca ancora l'ufficializzazione, ma gli irlandesi hanno detto no al Trattato di Lisbona. Stando allo spoglio delle prime schede del referendum, prevale il "no" al Trattato. E secondo la televisione pubblica irlandese Rte un certo pessimismo si sta diffondendo tra i sostenitori del "sì". L'emittente riferisce che i distretti operai avrebbero votato massicciamente per il no. Nel distretto di Donegal, nord-est, dove sono state aperte il dieci per cento delle urne, in nessun caso ha vinto il sì.
Stando a quanto riferito da scrutatori all'agenzia Reuters, in cique circoscrizioni della capitale Dublino i "no" sono in testa; in altri tre si registra un sostanziale pareggio con i "sì" e in un altro sono in vantaggio i favorevoli al Trattato. Dublino conta un quarto dell'elettorato irlandese. Corrispondenti dell'emittente pubblica Rte in altre regioni del Paese riferiscono di un vantaggio dei "no" nelle prime schede scrutinate. La pagina web dell'Irish Time conferma che in tutte le circoscrizioni della capitale i "no" prevalgono con una media di 60 contro 40 dei "si'", con picchi di 70 contro 30 nella circoscrizione sudorientale.
Ad anticipare senza ombra di dubbi la vittoria del no in Irlanda è stato il leghista Roberto Calderoli. "Un grazie al popolo irlandese per il suo voto. Tutte le volte in cui i popoli sono stati chiamati a votare hanno bocciato clamorosamente un modello di Europa che viene vista lontana dai popoli stessi". Il ministro per la Semplificazione normativa si dice convinto di un esito negativo della consultazione sul trattato di Lisbona e sostiene che "i popoli, ancora una volta, hanno dimostrato di avere maggiore saggezza rispetto a governi e Oarlamenti". "Questo referendum tenutosi in Irlanda - osserva Calderoli - conferma la posizione tenuta da sempre dalla Lega Nord, ovvero che la sovranità appartiene ai popoli e che solo i popoli possono decidere di rinunciare ad essa e conferma che, come sostenuto anche dal presidente emerito Cossiga e dal professor Guarino, l'approvazione di questo Trattato da parte del solo Parlamento avrebbe rappresentato un atto incostituzionale per gli articoli 1 e 11 della Costituzione, perché avrebbe affidato i nostri destini nelle mani dei burocrati e non degli eletti dal popolo". "Saluto con immensa gioia la notizia della probabilissima vittoria del no al referendum irlandese sul Trattato. Nei distretti operai di Dublino si è votato massicciamente contro Lisbona: evidentemente, anche in Irlanda, la classe operaia vuole andare in paradiso e non nell'inferno dei tecnocrati e dei banchieri di Bruxelles". Lo afferma ad Affaritaliani.itMario Borghezio, capo delegazione della Lega Nord al Parlamento Europeo.
MAGGIORANZA SPACCATA - "Siamo in attesa dei risultati del referendum irlandese. Se davvero l'Irlanda dovesse bocciare il Trattato di Lisbona, ci troveremmo in una situazione di crisi delle istituzioni europee senza precedenti. Per questo auspichiamo che l'esito sia positivo". Lo ha detto il presidente della Camera, Gianfranco Fini, partecipando a un convegno organizzato da Il Riformista e dalla Cisl.
L'Irlanda è l'unico dei Ventisette paesi dell'Unione dove la ratifica è stata affidata a una consultazione popolare. Una vittoria del "no" creerebbe un serio problema all'Interno dell'Unione europea, dove il trattato è già stato ratificato dai parlamenti di 18 paesi.Il trattato di Lisbona potrebbe essere applicato escludendo l'Irlanda, ma non è chiaro come il paese potrebbe rapportarsi agli altri stati membri. Nel 2001 gli elettori irlandesi avevano respinto in un referendum un primo trattato europeo, quello di Nizza, approvandolo poi in una nuova consultazione l'anno successivo.

in culo agli euro-burocrati!

gna'a famo?


lui non pare molto convinto..
almeno stasera contro la Romania....

una proposta interessante..

Non possiamo cacciarli? Rendiamogli la vita difficile

- di Gilberto Oneto

Il nuovo governo ha tutta l’aria di voler mantenere le promesse elettorali e – per prime – quelle sul giro di vite nei confronti dell’immigrazione illegale. Si è però subito trovato in difficoltà sulla introduzione del reato di ingresso clandestino.A questa si sommano i soliti problemi di sempre: la magistratura fa resistenza, la polizia non ce la fa, le carceri sono piene e mancano i soldi per farne altre, non si possono espellere gli zingari che hanno acquisito la cittadinanza, non si sa dove mandare i clandestini di cui è ignota la provenienza.

Potrebbe perciò ricominciare la costosa farsa delle ingiunzioni a lasciare il territorio nazionale (in realtà solo un cortese invito) reiterate mille volte senza esito.A tutto questo si aggiunga che in Italia c’è il più alto numero di poliziotti per abitanti del mondo occidentale, che il numero dei detenuti è pressoché uguale a quello del personale di custodia e che i detenuti costano al giorno una cifra con cui i comuni mortali potrebbero starsene in un hotel a 5 stelle.
Tutto rischia di restare come prima.
Eppure una soluzione semplice c’è e deriva da una logica deduzione: gli stranieri vengono dicendo di voler lavorare, mantenerli in carcere o nei centri di accoglienza costa, arrecano danni alla comunità e ai singoli che qualcuno deve risarcire e il lavoro ha un alto potere rieducativo. Li si faccia lavorare: in fabbriche attrezzate, in miniere, concerie, discariche, altiforni, a fare la raccolta differenziata, a pulire boschi fiumi strade e ferrovie, a tagliare legna, tutti lavori che si dice siano poco graditi agli italiani.Ma senza sfruttarli: li si paga il giusto sindacale e – per evitare fraintendimenti – scrupolosamente a cottimo. Quello che guadagnano deve servire a mantenerli (così non sono più a carico della società) risarcire le spese di giudizio, rifondere gli eventuali danni arrecati ai cittadini (finalmente), prepagare il viaggio di ritorno alla fine della pena. Tutto quello che avanza (se avanza) va per migliorare – se lo vogliono – il loro tenore di vita oppure in un fondo che sarà loro consegnato al paese di origine, a rate, dalle autorità consolari.
Alla fine della detenzione gli si da un biglietto e li si saluta. Se partono, bene; se restano, li si acchiappa un’altra volta e la trafila ricomincia. Vediamo chi si stanca prima. Qualche bello spirito dirà che questi sarebbero dei laogai, dei campi di sfruttamento di moderni schiavi. Balle! Il trattamento sarà umano e ciascheduno guadagnerà in funzione delle proprie capacità e laboriosità. È tutto interesse della comunità trattarli bene, mantenerli sani e a liberarsene il più presto possibile.
Proprio per questo il sistema andrebbe esteso anche ai reclusi nazionali, con l’eccezione del biglietto di ritorno e l’aggiunta della possibilità di farsi anche la pensione. Tutti dovrebbero essere utilizzati a seconda di capacità, competenze e preferenze. Artigiani, professionisti e addirittura intellettuali potrebbero continuare a fare quello che sanno fare meglio: renderebbero di più e pagherebbero il loro debito più velocemente.
Basta con reclusi oziosi: col lavoro li si rieduca, se vogliono essere rieducati. In ogni caso non gravano sulla comunità che oggi è costretta a subirne le gesta se sono a piede libero e il costo del mantenimento se sono dentro.Questo governo dice di voler cambiare radicalmente rotta. Ecco una semplice possibilità di farlo senza far pagare ancora una volta i contribuenti. Dei bei laogai umani: una soluzione civile e intelligente.
Gilberto Oneto
l'articolo l'ho pescato in giro per interdet..
la proposta è estremamente interessante ed anche illiberale ^^' quindi giustissima..
ma sappiamo che siamo in Italia e in Europa... quindi...

Biiirrraaaaaaa!!!

il testo l'avevo già postato tempo addietro.. ora qlc buonanima ha fatto un video sul tubo e posto il sonoro..

occhio che a guardare tutto il video viene un filino sete.. ^^'

giovedì 12 giugno 2008

i nuovi vicini..

volenti o nolenti i vicini aprono..
e non avete idea di che lavorata si sono fatti..^^
penso che venerdì sera dopo la partita mi piazzerò sul balcone al livello per controllare la situazione riempiendomi a dovere di birra.. ^^'

berluscaz

mi stavo guardando la conferenza stampa congiunta tra Bush e il nostro Berlusca..
a parte le banalità e i convenevoli alla fine, grazie alla domanda di un saggio giornalista si è parlato un di Iraq e Iran.. sull'Iran non sono ferratissimo..
ma sull'Iraq un ne so.. quindi..
alla domanda Bush ha risposto che la situazione è migliorata parecchio dall'anno scorso.. a queste parole silenzio in sala.. ^^ anche Berlusconi, cadendo dalle nuvole, si è diplomaticamente detto felice per le nuove notizie..
alchè posto questo resoconto del dipartimento della difesa USA


http://www.paginedidifesa.it/2008/pdd_080409.html

Pagine di Difesa, 7 aprile 200
Ad aprile, il generale David Petraeus, il piu’ affermato ufficiale americano dell’anno, tornera’ a Washington per riferire al presidente Usa George W Bush e al Congresso la situazione della fase successiva a quella della dottrina del “surge” in Iraq. Il suo rapporto sara’ simile a quello gia’ descritto in precedenza, con alcune prudenti modifiche al suo interno, e quanto sara’ da lui detto verra’ sostanzialmente accolto da tutti in modo favorevole. I Repubblicani si feliciteranno con il presidente, sperando che gli americani la smettano di protestare e, finalmente, imparino, se non proprio ad amarla, almeno a tollerare la guerra in Iraq; i Democratici saranno solo leggermente contrariati perche’ gli sarebbe piaciuto che l’Iraq rimanesse uno dei principali argomenti di scontro della campagna elettorale presidenziale.Nel frattempo, gli iracheni continueranno a sopportare la situazione creatasi nel loro paese in attesa di vedere i risultati della dottrina del “surge”; finiranno per vivere ancora un altro brutale capitolo di quella guerra senza fine che una volta gli avevano promesso avrebbe portato loro la liberta’. Durante gli ultimi cinque anni, Baghdad, la capitale dell’Iraq, si e’ trasformata da una metropoli in un deserto urbano di palazzi semi distrutti e privo degli elementari servizi pubblici, punteggiata da mini-ghetti parzialmente deserti, ostili fra di loro, circondati da alte barriere di cemento armato, reminescenze delle fortificazioni medioevali.Il piu’ evidente esempio di questi ghetti e’ la super fortificata citta’-dentro-la-citta’ chiamata Green Zone (o International Zone), dove la forza militare piu’ agguerrita dell’Iraq, i militari americani, hanno il loro quartier generale. E’ governata dagli americani insieme al governo iracheno, da loro sostenuto, presieduto dal primo ministro Nuri al-Maliki. I rimanenti ghetti, piccoli e grandi, sono governati dalle milizie locali, per la maggior parte nemici giurati degli Stati Uniti e del regime di al-Maliki.Nelle aree sciite in espansione della capitale, le sentinelle sono spesso membri dell’esercito del Mahdi, la milizia facente capo al leader clericale sciita Muqtada al-Sadr che si e’ opposto alla presenza americana fin dall’inizio della occupazione dell’Iraq. Nelle aree della citta’ sotto controllo sunnita, che si stanno riducendo, le sentinelle sono di solito membri delle forze Sahwa (quelle del “Risveglio” o, nel gergo militare americano, i SoiSons of Iraq = Figli dell’Iraq).Gli americani hanno ceduto a loro il controllo dei loro domini circondati dai muri di cemento purche’ essi impediscano gli attacchi degli insorti in altre zone. Intanto, i cittadini di Baghdad continuano la loro lotta per sfuggire ai pericoli della violenza, della pulizia etnica, e dell’indigenza economica, la citta’ attende un confronto militare definitivo oppure alcuni mutamenti meno violenti che pero’ la conducano, dopo questa lunga e durissima situazione, ad una conclusione. Come si e’ giunti a tutto questo ?La pulizia etnica arriva a BaghdadQuando inizio’ l’occupazione Americana a Baghdad nell’aprile 2003, circa la meta’ dei quartieri cittadini non si caratterizzava per particolari appartenenze etniche. Alla fine del 2004, migliaia di sunniti, cacciati dalle offensive americane da Fallujah e da altre roccaforti degli insorti, iniziarono ad arrivare a Baghdad. Nei sempre piu’ popolosi quartieri la questione etnica inizio’ a svilupparsi, cosi’ come la rabbia dei sunniti verso il governo dominato dagli sciiti che invio’ le sue truppe in combattimento al fianco degli americani. Le milizie Sunnite, in origine organizzate per contrastare il crimine locale (dopo che gli americani avevano sciolto le pre-esistenti forze di polizia irachene) iniziarono a aggredire gli abitanti sciiti in alcuni dei 200 quartieri etnicamente misti della capitale.In molti casi, gli ormai frequenti atti di molestia si trasformarono in sistematiche campagne di espulsione dal quartiere, giustificati dalla necessita’ di alloggiare la massa dei rifugiati sunniti che aumentava rapidamente, e anche come rappresaglia contro il governo iracheno che sosteneva gli attacchi alle cittasunnite. Durante il 2005, la prima ondata di profughi sciiti inizio’ ad arrivare nell’immmensa Baghdad, nei vicoli malsani del quartiere di Sadr City, gia’ sovrappopolato di sciiti, e nelle altre citta’ sciite dell’Iraq meridionale.Nel gennaio 2006, l’attentato dinamitardo al tempio sacro degli sciiti, la moschea dalla Cupola Dorata in Samarra, provoco’ la spietata vendetta degli sciiti contro le comunitasunnite. Nella capitale, una lotta per il predominio nei quartieri misti si scateno’. Tra le milizie sciite e sunnite iniziarono i combattimenti sanguinosi con l’impiego di tutti i tipi di armamenti e l’applicazione di tutte le tattiche piu’ spietate, tipiche della guerriglia urbana, come auto-bombe e squadroni della morte. Qualunque fazione espelleva le altre, i gruppi minoritari come i cristiani, i curdi e i palestinesi capirono di non essere accettati e iniziarono a fuggire (o a morire). La pulizia etnica e’ attualmente al centro della spirale di violenza che avvolge Baghdad.Gli americani intervengono nei combattimentiNel maggio 2006, le forze americane per la prima volta intervengono in maniera significativa nella Battaglia per Baghdad. Con l’inizio dell’operazione Together Forward, le forze statunitensi iniziano a trasferire le brigate operative nella capitale nel tentativo di assumere il controllo delle roccaforti delle milizie sunnite e sciite. Questa strategia, comunque, si dimostro’ in breve tempo inefficace.Nell’agosto 2006, il New York Times riferi’ che la violenza settaria era entrata in una “spirale fuori controllo”. Dall’autunno 2006, il numero degli attacchi degli insorti in Baghdad crebbe del 26%, e i casi di morte violenta segnalati agli obitori cittadini si quadruplicarono. Sembrava che, paradossalmente, la campagna di pacificazione lanciata dagli americani, nonostante i buoni propositi che erano posti alla base del suo concepimento, pianificazione e organizzazione, avesse finito per generare ancora piu’ violenza in Baghdad.Le milizie sciite e sunnite, che gli americani cercavano di scovare, nonostante il loro pieno coinvolgimento nelle violenze etniche, erano anche le forze che garantivano la legge e l’ordine nei quartieri di Baghdad che altrimenti erano privi di alcun sistema di sicurezza interna. Le milizie dirigevano il traffico, arrestavano e punivano i criminali comuni, e mediavano le liti. Provvedevano anche a difendere i quartieri dagli intrusi, fossero essi soldati americani o iracheni, attentatori suicidi, squadroni della morte e bande di comuni criminali.Prima che gli americani si gettassero nella mischia, le roccaforti delle milizie erano poco vulnerabili agli attacchi settari. Dopo tutto, le loro strade erano saturate di uomini armati pronti a intervenire contro i loro nemici. La violenza etnica era invece largamente presente nei quartieri in cui non si era ancora affermata una componente maggioritaria. Nel penetrare in queste roccaforti, i soldati americani riportarono delle vittorie tattiche, cacciando i membri sopravvissuti delle milizie via dalle strade e dai quartieri, i quali, pero’, senza la presenza della polizia locale o di forze di difesa, diventavano immediatamente vulnerabili agli attacchi settari. Questa vulnerabilita’ fu a tutti visibilmente mostrata da quanto accadde nel quartiere di Sadr City, la roccaforte del movimento di Muqtada al-Sadr.In quanto base principale dell’esercito del Mahdi, questa citta’nella citta’ non aveva avuto precedenti esperienze di attentati con auto-bomba negli ultimi due anni fino a quando i soldati americani non cacciarono via i miliziani dai check point e dai punti di accesso e uscita principali, e iniziarono a pattugliare le strade con l’intenzione di catturare i capi dell’esercito del Mahdi che erano sospettati di essere i mandanti degli squadroni della morte e del rapimento di un soldato americano. Gli abitanti del quartiere dissero al Sabrina Tavernise, reporter del New York Times, che le operazioni avevano “costretto i miliziani dell’esercito del Mahdi che stavano sorvegliando le strade del quartiere a volatilizzarsi”. Subito dopo, la prima auto-bomba scoppio’.Il livello della violenza ebbe una impennata nel novembre 2006, quando un attentato coordinato di cinque auto-bomba uccisero almeno 215 iracheni provocando il ferimento di altri 257. Qusai Abdul-Wahab, un parlamentare dell’ala politica del movimento religioso sciita di Muqtada al-Sadr, parlando a nome di molti cittadini disse all’Associated Press: “Le forze di occupazione sono pienamente responsabili per questi attentati e questa situazione di insicurezza”. Questi eventi generarono una immensa amarezza tra gli sciiti, che fece ritenere che gli americani e il governo iracheno si preoccupavano solo di attaccare l’esercito del Mahdi senza contrastare e reprimere gli attacchi della Jihadi sunnita.Questo diffuso sentimento incoraggio’ il loro sostegno agli squadroni della morte, che cercavano di colpire le comunitasunnite che erano ritenute responsabili di offrire rifugio agli attentatori. Gli americani finirono anche per facilitare questi attacchi di rappresaglia. Gli insorti sunniti nei sobborghi di Baghdad di Balad e Duluiiyah, per esempio, furono sospettati della strage di 17 lavoratori sciiti avvenuta in un azione molto pubblicizzata che rappresentava un lampante esempio della brutalita’ dello scontro delle fazioni.Le truppe americane e i loro alleati iracheni circondarono i due quartieri e penetrarono al loro interno. Gli invasori velocemente ridussero al silenzio le milizie degli insorti lasciando pero’ le strade senza sorveglianza. Subito dopo, gli squadroni della morte sciiti fecero la loro apparizione. Alcuni di questi sembravano essere stati organizzati all’interno delle nuove unita’ militari regolari irachene composte da sciiti che affiancavano gli americani all’interno delle aree abitate dalle communitasunnite.Secondo il Washington Post, “un ufficiale della polizia irachena, il capitano Qaid al-Azawi, ha accusato le forze militari americane di restare ferme in Balad mentre miliziani sciiti, a bordo di auto della polizia e indossando uniformi della polizia irachena massacravano i sunniti”. Di fronte a questi attacchi, moltissimi abitanti iniziarono a fuggire. E in questo modo la spirale dei massacri inizio’ ad avvolgere la citta’ includendo tutte le fazioni, mentre i quartieri iniziarono a essere sistematicamente svuotati dai membri delle fazioni che, a livello locale, erano risultate perdenti.Di fronte al moltiplicarsi degli eventi che si erano sviluppati nel corso della guerra, questa situazione disastrosa per i cittadini di Baghdad, che non veniva in alcun modo contrastata, era solo una componente marginale per l’occupazione americana. Per l’amministrazione Bush, la tempesta di violenza che stava imperversando sulla capitale irachena aveva almeno un vantaggio: le due principali fazione nemiche dell’occupazione si stavano combattendo fra di loro. A tal proposito, un funzionario dei servizi d’intelligence americana dichiaro’ al giornalista Seymour Hersh: “La Casa Bianca crede che se i soldati americani resteranno abbastanza a lungo – con un contingente di truppe numericamente sufficiente – gli insorti di ogni razza alla fine si elimineranno l’uno con l’altro”.L’iniziativa del surge (onda montante)Mentre l’operazione Together Forward continuava, una ondata intensa di violenza attraversava la capitale irachena. Nel novembre 2006 le perdite americane in citta’ raggiunsero la quota di 113, il livello piu’ alto negli ultimi due anni, cifra che in sé non doveva sorprendere tenuto conto che i soldati statunitensi erano penetrati nelle roccaforti delle milizie. Altri dati statistici, in ogni caso, stavano ponendo a dura prova le attese degli americani.Il numero degli attacchi da parte degli insorti, che si erano in precedenza ridotti, si impenno drammaticamente. Nella prima meta’ del 2006 si erano mantenuti su un numero poco al di sotto dei 100 al giorno, e improvvisamente, il giorno dopo che l’offensiva americana era iniziata, balzarono a 140 al giorno per poi attestarsi intorno ai 160-180 attacchi quotidiani per la restante parte dell’anno.Anche il numero dei micidiali attentati dinamitardi, la cui riduzione era uno dei principali obiettivi dell’offensiva americana, aumento’. Secondo le statistiche delle forze armate statunitensi pubblicate dall’Istituto Brookings, alla fine del 2005 il numero di attentati con esplosivo aumentarono da meno di 20 a piu’ di 40 al mese, e aumentarono di molto il loro numero in coincidenza con l’inizio della offensiva americana alla fine della primavera del 2006, raggiungendo, nel dicembre 2006, il numero di 69. I decessi attribuiti alle conseguenze di questi attentati con ordigni esplosivi aumentarono da meno di 500 al mese agli inizi del 2006 ad almeno 1.000 nel seconso semestre dello stesso anno.Anche la densita’ degli abitanti tocco’ nuovi record, specialmente in quelle aree dove gli americani erano piu’ attivi. Per reazione, gli americani concepirono un nuovo piano per pacificare la citta’ di Baghdad. Questo piano e’ divenuto noto come il “surge”. Senza modificare le premesse fondamentali dell’operazione Together Forward, esso mostro’ le tremende responsabilita’, emerse dall’evidenza dei fatti, in merito alle drammatiche conseguenze dovute all’esiguita’ delle truppe che erano state impiegate.Adesso, decine di migliaia di soldati americani sono stati dislocati dentro Baghdad, e ai principi strategici dell’operazione Together Forward sono stati aggiunti quelli tattici ricavati dalla esperienza maturata negli assalti alla citta’ sunnita di Fallujiah del 2004. Ogni area presa di mira adesso viene preventivamente circondata per evitare che gli insorti fuggano. Poi, quando i combattimenti sono stati iniziati, la schiacciante potenza di fuoco americana puo’ essere scatenata contro gli insorti.Come il capitano Paul Fowler ha spiegato alla reporter del Boston Globe, Anne Barnard durante i combattimenti a Fallujah: “il solo modo per spazzare via gli insorti e’ quello di distruggere qualsiasi cosa che appare davanti alla tua strada”. Come a Fallujah, il nuovo piano “surge” prevede che gli americani restino nei quartieri / villaggi per prevenire il ritorno degli insorti e per controllare l’operato delle nuove unita’ dell’esercito iracheno che hanno condotto al loro fianco nei combattimenti.La battaglia di Haifa StreetPoco prima che il presidente Bush annunciasse la strategia del “surge”, appena prima che nuovi soldati americani arrivassero in Iraq, la prima battaglia fu lanciata. Prima dell’alba del 9 gennaio 2007, gli americani e i governativi iracheni attaccarono una roccaforte degli insorti sunniti in Haifa Street appena fuori dalla Green Zone. I reporter Sudarsan Raghavan e Joshua Partlow del Washington Post descrissero il tipo di potenza di fuoco che venne applicato quando il combattimento per la conquista dell’area urbanizzata ebbe inizio.Dai tetti e dagli accessi degli edifici, gli insorti spararono con i fucili d’assalto AK-47 e le mitragliatrici. Anche i tiratori scelti presero di mira i soldati americani e iracheni. I soldati statunitensi iniziarono a rispondere al fuoco con le mitragliatrici pesanti da 12.7 mm montare sui loro veicoli blindati. Impiegarono missili filoguidati controcarro Tow e lanciagranate Mark-19. I caccia-bombardiere F-15 mitragliarono i tetti delle case con i loro cannoni di bordo, mentre gli elicotteri Apache lanciavano i missili Hellfire.Dopo 11 ore di morte e devastazione, 1.000 soldati americani e iracheni furono in grado di iniziare la ricerca casa per casa, catturando o uccidendo i sospetti insorti sopravissuti. Una settimana piu’ tardi, i giornalisti Nancy Youssef and Zaineb Obeid del McClatchy News si recarono in Haifa Street. Essi trovarono distruzioni imponenti, la presenza di forze militari americane che si prendevano cura di tutte le attivita’, comprese l’aiuto per lenire le sofferenze patite dagli abitanti della zona in conseguenza dei combattimenti. Elementi del nuovo esercito iracheno a maggioranza sciita avevano gia’ iniziato una sistematica campagna per cacciare dal quartiere la componente sunnita.Un abitante di Haifa Street di 44 anni, che chiese di essere menzionato solo come Abu Mohammed per razioni di sicurezza, disse che solamente tre o quattro delle circa 60 famiglie sunnite erano rimaste a vivere nel suo rione. Egli aggiunse che a nessun veicolo era permesso di viaggiare nell’area che non c’era elettricita’, kerosene per il riscaldamento o acqua corrente. I tiratori scelti americani avevano preso posizione sui tetti.Osservando la fuga dei sunniti, sembrava che gli americani stessero sponsorizzando la pulizia etnica messa in atto dagli sciiti. Un abitante commento’: “Gli americani non stanno facendo niente, e’ come se stessero appoggiando le milizie sciite contro i sunniti. Se questo atteggiamento continuera’ ancora per una settimana, io penso che non troverete piu’ nessuna famiglia sunnita che restera’ in Haifa Street”.Dalla fine di gennaio 2007, prima che i rinforzi contemplati nella dottrina del “surge” arrivassero, la battaglia di Haifa Street termino’. Un forte contingente di soldati americani rimase sul posto, mentre grandi barriere di cemento – chiamate T-wall per via della loro forma – venivano collocate attorno al quartiere con la realizzazione di accessi fortificati, separando di fatto i residenti dal resto della citta’.Gli insorti sopravissuti si vendicarono dando vita ad azioni intermittenti di guerriglia, organizzando ogni mese almeno 20 attentati contro gli americani – una consistente riduzione rispetto alla media di 74 attentati che si registravano prima della grande battaglia combattuta in gennaio. Le forze americane organizzarono un insieme di 34 pattuglie da combattimento per ogni giorno con il compito di catturare o eliminare le residue forze degli insorti. Nel gennaio 2008, e’ stato pianificato un tentativo degli americani di lasciare Haifa Street al controllo delle forze governative irachene. Deve essere ancora attuato.I risultati del “surge”Haifa Street puo’ diventare il caso tipico di molte comunita’ di Baghdad che hanno subito in pieno l’impatto con l’offensiva militare del “surge”. Un anno piu’ tardi, il quartiere porta ben visibili i segni dei furiosi combattimenti. Non ci sono stati interventi per ristabilire i servizi pubblici, incluso la rete di distribuzione elettrica o il sistema che dovrebbe rifornire acqua potabile; con ci sono servizi sanitari, non esiste nessuna forma di trasporto pubblico.Ralph Peters, giornalista del The New York Post, sintetizza la situazione del governo del premier al-Maliki all’interno della sconsolata Green Zone: “Il governo iracheno non e’ molto d’aiuto, nessuno, si preocupa di ripristinare la zona di Haifa Street”. Il comandante americano di Haifa Street gli ha detto che gli americani si aspettavano uno “sviluppo economico spontaneo” realizzato con investimenti da parte dei singoli abitanti affinche si sviluppasse l’area attraverso i loro sforzi, con l’aiuto iniziale di un limitato numero di “piccoli prestiti” (di poche centinaia di dollari ciascuno) tratti dai fondi militari per la cooperazione con i civili. Non deve sorprendere poi che, a parte l’apertura di un nuovo negozio di alimentari, non ci sia niente altro di economico di cui parlare.Nello stesso tempo, decine di migliaia di residenti, per la maggior parte sunniti, avevano abbandonato Baghdad, con la maggior parte dell’area urbana trasformata da sunnita a sciita, insieme ad altri piccoli gruppi che avevano preso altre direzioni. Nel gennaio 2008, il tenente colonnello Tony Aguto, il comandante americano in Haifa Street, aveva stimato che piu’ di 50mila abitanti del quartiere, dei 150mila iniziali, lo avevano abbandonato durante l’anno precedente.L’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha stimato che i pesanti combattimenti del “surge” nella prima parte del 2007 hanno provocato 90mila profughi al mese, la maggior provenienti da Baghdad, che alla fine del 2007 hanno raggiunto il totale di 800mila. Come la pulizia etnica nella zona di Haifa Street e in altri luoghi fu completata, il numero dei profughi inizio’ a diminuire, arrivando a 30mila nel dicembre 2007.Gli abitanti di Baghdad iniziarono a cercare disperatamente dei posti di lavoro per affrontare le urgenti e pressanti necessita’ dovute al sostegno delle famiglie in un contesto di economia stagnante e nella quasi totale mancanza di interventi da parte del governo. Questo non era, commentava il tenente colonnello Aguto, un problema di cui si dovevano fare carico gli americani. “ Questo e’ - egli disse - un compito del governo iracheno, e’ suo dovere risolvere questa situazione”. Il governo iracheno non ha ancora assunto nessuna iniziativa in questo settore.Il riflusso del “surge”Come e’ stato illustrato nel caso della battaglia di Haifa Street, il “surge” ha aumentato in modo significativo il livello di violenza nella capitale, specie durante i sei mesi in cui gli americani si mossero passando da un quartiere a uno successivo, impiegando tutta la potenza di fuoco in loro possesso. Quando i combattimenti pesanti terminavano in un quartiere in cui erano penetrati, gli americani si preoccupavano di consolidare le loro vittorie militari attraverso l’erezione di quelle robuste barriere – divenute ormai omnipresenti nel panorama di Baghdad – che assicurano la segregazione su base etnica in ciascun quartiere o rione. Queste divennero linee di demarcazione e confini invalicabili nel contesto di questa guerra civile cittadina, i nuovi confini di una citta’ disintegrata.L’erezione dei muri provoco’ di fatto la limitazione degli scambi di qualsiasi tipo, ridotti a ben poche cose, e hanno impedito qualsiasi tipo di contatto fisico, sociale ed economico tra i quartieri trasformati in ghetti etnici grazie alla pulizia etnica, mentre una volta essi erano interdipendenti fra loro in virtu’ degli scambi che garantivano la reciproca sopravvivenza quotidiana. Ovviamente, la gia’ compromessa situazione economica della citta’ ricevette un altro durissimo colpo. Gli abitanti di questi nuovi ghetti, impossibilitati a svolgere le loro professioni, iniziarono ad aumentare il livello della loro disperazione e, in cerca di soluzioni, iniziarono a sostenere le milizie locali che con la loro propaganda promettevano di parlare e agire per il loro bene.Come gli sforzi americani di cacciare gli insorti sono continuati, le milizie sciite sono passate da est verso ovest attraverso Bagdad, creando sempre più aree sciite nei quartieri che una volta erano misti o erano a prevalenza sunnita. Principalmente nelle parti occidentali e meridionali di Baghdad, le milizie sunnite sono riuscite a resistere, consolidando il loro controllo nelle aree che gli americani non avevano ancora invaso. La ghettizzazione di Baghdad, che era iniziata in misura modesta all’inizio del 2005, ebbe un accelerazione all’inizio del 2007 con l’inizio del “surge” americano e fu largamente completato nell’autunno del 2007.Da quel periodo, quella che una volta era una citta’ praticamente suddivisa tra sunniti e sciiti, si e’ trasformata in una capitale con il 75% dei residenti di etnia sciita. La forza militare americana fa sentire la sua presenza ai posti di blocco, in molti piccoli avamposti dislocati attorno alla citta’, e attraverso il pattugliamento all’interno dei quartieri adesso fisicamente marcati dai muri di cemento armato. A livello locale, comunque, le aree sono ancora sotto il controllo delle varie milizie in quella che non e’ piu’ una citta’, ma un insieme di ghettizzate micro citta’-stato.La fine del “surge”Dopo una primavera e una estate di pesantissimi combattimenti, comunque, gli americani sono stati abbastanza vicini alla pacificazione della citta’. Da un altro punto di vista, il “surge” ha aggravato la situazione gia’ esistente. Prima che iniziasse, in molti quartieri non c’erano milizie sunnite o sciite dominanti; dalla meta’ del 2007, virtualmente ogni comunita’ ha avuto il suo mini-governo, di solito dominato dalla milizia che era allo stesso tempo ostile all’occupazione americana e al governo nazionale iracheno. Per affermare l’autorita’ del governo centrale sull’intera citta’, ogni quartiere avrebbe dovuto essere invaso e conquistato di nuovo.Senza annunciare un mutamento nella loro linea di condotta, gli americani hanno abbandonato, nella sostanza, il “surge” alla fine dell’estate 2007 per passare al sistema di cooptazione all’insegna del “vivi e lascia vivere”. Sul versante sunnita gli americani hanno iniziato a sostenere una versione del movimento sunnita detto “Il risveglio”, che si era sviluppato senza l’incoraggiamento americano nella provincia di Anbar l’anno precedente, finendo per negoziare delle tregue militari con i diversi gruppi di insorti sulla base delle piccole comunita’ sunnite irachene.Gli americani hanno concesso alle milizie il diritto di vigilare sulle loro comunita’ agendo come forze di polizia, in cambio della cessazione delle azioni offensive condotte contro di loro dagli americani, interrompendo i blitz all’interno dei villaggi / comunita’ per arrestare o eliminare i sospettati di essere degli insorti. In cambio, gli insorti sunniti hanno cessato i loro attentati contro i soldati americani e contrastato le attivita’ jihadaiste di al-Qaida nei loro quartieri, compresa la pianificazione e le esecuzione di attentati con auto-bombe e altri atti terroristici diretti contro le vicine comunita’ sciite.Sul versante sciita, gli americani hanno sostanzialmente negoziato un cessate il fuoco con l’esercito del Mahdi, annunciato pubblicamente come se si fosse trattato di una decisione unilaterale presa dal suo leader religioso Muqtada al-Sadr. I gruppi sciiti hanno interrotto la pratica di piazzare i loro micidiali ordigni esplosivi lungo le strade per farli detonare al passaggio delle pattuglie americane e hanno deciso di non continuare con le imboscate contro le unita’ americane e dell’esercito governativo iracheno che si muovono nei loro quartieri. Gli americani hanno interrotto i loro raid e le loro offensive nei quartieri sadristi e hanno minimizzato i loro sforzi per arrestare i leader sadristi, eccetto quando qualcuno di essi, specificamente individuato, rompe il cessate il fuoco.Il risultato di questi duplici accordi e’ stata una immediata riduzione delle violenze in tutta Baghdad. Con gli americani che onorano la loro parte degli accordi, i furiosi combattimenti conseguenti i loro attacchi, come quello alla roccaforte di Haifa Street, non si sono piu’ verificati, come anche sono quasi scomparse le brevi scaramucce dovute ai tentativi degli americani di catturare degli specifici aderenti alle milizie degli insorti.In cambio, gli attacchi contro i distaccamenti isolati e le autocolonne americane in Baghdad si sono ridotti e gli jihadaisti, in gran parte espulsi dalle comunita’ degli insorti sunniti, hanno deciso di smobilitare o trasferirsi verso l’Iraq settentrionale dove i negoziati con i gruppi di insorti non sono ancora avvenuti. Questa era, comunque, un po’ di piu’ di una semplice tregua fra nemici, una tregua che attualmente ha concentrato le milizie all’interno delle loro comunita’. Gli insorti sunniti, ora ritenuti affidabili e legittimati al ruolo di poliziotti e anche pagati e armati dagli americani, iniziano ad avanzare richieste politiche in merito al ripristino dei servizi, quali la ricostruzione delle infrastrutture e programmi per la creazione di posti di lavoro per i loro disperati seguaci, e tutto questo mentre continuano ad accusare il governo iracheno di essere una creatura delle politiche degli Stati Uniti e dell’Iran.Le milizie sciite dell’esercito del Mahdi, dopo aver esteso la loro influenza anche nei quartieri che in precedenza erano di etnia mista, hanno utilizzato la tregua per diffondere i loro programmi di sviluppo di una rete minimale di servizi sociali, non completi ma significativi se rapportati a un contesto che ne e’ del tutto privo, e chiedono di incrementare le possibilita’ di accedere ai finanziamenti che potrebbero rivitalizzare l’economia della capitale irachena.Il loro portavoce nazionale continua a insistere che il paese non potra’ iniziare una vera riedificazione fin quando gli americani non si ritireranno, e fino a quando le barriere che essi hanno eretto – settarie e di cemento – non saranno rimosse. Sebbene molte comunita’ di Baghdad stiano adesso vivendo il loro periodi con la minore violenza degli ultimi due anni, la loro situazione non puo’ essere considerata accettabile; non e’ ancora stabilizzata. Le barriere di cemento, che hanno favorito la riduzione della violenza, hanno pero’ di fatto reso quasi sempre impossibile l’affermarsi di una vita sociale e economica.Molti abitanti di Baghdad sono adesso rinchiusi nei loro ghetti, timorosi verso tutti gli sconosciuti, spesso timorosi di inviare i loro bambini a frequentare le scuole poste al di la’ delle barriere che delimitano il loro ghetto, impossibilitati a raggiungere i loro precedenti posti di lavoro in altri quartieri della citta’. I datori di lavoro, gli imprenditori, privati sia dei loro lavoratori e sia dei clienti, sono stati costretti a chiudere le loro attivita’. L’economia si e’ fermata da molto tempo.Per molti abitanti di Baghdad, il fatto che esista un governo iracheno e’ semplicemente irrilevante. Non e’ presente con le sue strutture amministrative in nessuno dei quartieri della citta’ e non ha la capacita’ di ripristinare i servizi essenziali. La sua unica visibile presenza e’ il nuovo esercito iracheno, che e’ comandato e controllato da ufficiali statunitensi; le unita’ irachene agiscono apparentemente in modo indipendente, eseguono gli ordini della leadership sciita. Nei quartieri, anche a poche centinaia di metri dalla Green Zone, il governo iracheno non esiste.Gli americani restano le truppe numericamente piu’ presenti sul terreno, ma non hanno il controllo dell’Iraq; mantengono a Baghdad la piu’ agguerrita tra le forze militari, in grado di sovrastare militarmente qualsiasi avversario, ma incapace di mantenere un ruolo di stabilizzatore, anche in aree spettrali circoscritte da alte mura come Haifa Street. Non sono in grado di fornire elettricita’, acqua, posti di lavoro o anche molto spesso il transito sicuro verso il vicino quartiere.All’inizio del maggio 2006, Nir Rosen, uno dei piu’ informati e perspicaci giornalisti che si interessano dell’Iraq, con visione premonitrice descrisse la posizione immodificabile delle forze militari americane in questo modo: “L’esercito americano e’ perso in Iraq, sin da quando vi e’ giunto. Ha bombardato i sunniti, ha bombardato gli sciiti, ha bombardato la maggior parte di un popolo innocente. Incapace di distinguere fra chiunque, certamente incapace di gestire la sua enorme potenza, eccetto che nella prima strada appena svoltato l’angolo dove si trova schierato [...] gli americani sono solo una milizia in piu’ che si aggiunge all’anarchia.” Questa descrizione non e’ stata mai cosi’ vera come quella che si verifica oggi nella capitale.Gli abitanti di Baghdad stanno aspettando; aspettano che le mura che circondano i loro quartieri vengano abbattute, che la rete di trasporto pubblico venga ripristinata, e che le strade vengano riaperte cosi’ che sia possibile muoversi per tutta la capitale come avveniva una volta.Essi attendono che i servizi pubblici vengano ristabiliti cosi’ che sia possibile tornare ad accendere o spegnere la luce in ogni momento, avere acqua pulita che esce dai rubinetti, e forse anche essere in grado di contribuire allo “sviluppo spontaneo dell’economia”. Essi attendono degli imprenditori che inizino ad assumere nuovamente, cosi’ che essi siano in grado di iniziare a sostenere le loro povere famiglie.Aspettano la partenza degli americaniPetraeus raccontera’ al Presidente e al Congresso degli Stati Uniti che la violenza si e’ ridotta in modo sensazionale a Baghdad, che ci sono segnali di progressi politici dentro la Green Zone, e che questi progressi saranno perduti se gli Stati Uniti non resteranno attivi in Iraq. Non dira’ che Baghdad e’ un deserto urbano di edifici semi-distrutti e privo degli elementari servizi pubblici, punteggiata da mini-ghetti parzialmente deserti, ostili fra di loro, circondati da alte barriere di cemento armato, reminescenze delle fortificazioni medioevali.Fonte: Michael Schwartz, docente di sociologia presso la Stony Brook University, ha scritto molti testi sulle proteste popolari e le insurrezioni.
Questo articolo sulla battaglia di Baghdad e’ stato estratto dal suo libro, di prossima pubblicazione, “War Without End: The Iraq Debacle in Context” (Haymarket Books, June 2008).


è un pò lunghetto..^^
ma è illuminante.. io l'ho utilizzato per la conclusione della tesi.. se uno si prende la briga di leggerlo capisce che le parole di Bush non saltano fuori dal nulla..
in Europa, a parte i servizi segreti, credo che nessuno, politici compresi, sappia cosa accade nel mondo in tempo per preparare politiche adeguate..
insomma cazzo... ci dovrebbero essere funzionari competenti e politici eletti per governare o solo per sparare cagate in tele..

forza Irlanda

da Apcom
UE/ LISBONA, UN'IRLANDA SPAVENTATA FA TREMARE TUTTA L'EUROPA
Giovedì il referendum sul Trattato, a Bruxelles fiato sospeso
postato 2 ore fa Bruxelles, 9 giu.
(Apcom) - Chi si ricorda cos'era l'Irlanda prima del 1973, prima dell'ingresso in Europa, è pronto a votare "sì", chi invece ha tra i 35 e i 49 anni, coloro cioè che nell'Europa sono cresciuti, hanno studiato, hanno lavorato, è invece per il "no". E' uno dei tanti squarci aperti dai sondaggi che si susseguono in questi giorni sui due milioni e duecentomila elettori irlandesi, che giovedì prossimo andranno alle urne per decidere se loro, e gli altri 500 milioni di europei della Ue, aderiranno al Trattato di Lisbona o meno. Il loro voto è infatti "impegnativo per tutti": se l'Irlanda, unico Paese dei Ventisette chiamato al referendum, dirà "no" sarà una decisione che varrà anche per gli altri 26 Paesi membri, così vogliono le regole europee, o tutti o nessuno. Un'Irlanda spaventata dagli effetti su di se del Trattato sta facendo tremare tutta l'Europa. Questo però è un aspetto che poco interessa l'elettore dell'isola. E' un Paese piccolo l'Irlanda, e questo lo sanno bene i suoi cittadini. Venerdì un sondaggio, per la prima volta, dava il "no" in deciso vantaggio. Da ieri invece sembravano prevalere di nuovo i "sì". La sostanza è che si tratta di un testa a testa dominato, come al solito, dagli indecisi, assestati tra il 25 e il 30 per cento. Pochi invece quelli che dicono che non andranno a votare, meno del 5 per cento. Tra quelli che prevedono di votare contro il Trattato il motivo principale, secondo sondaggi e osservatori è uno: non si capisce cose c'è scritto in quel testo. La complicazione della materia fa insomma talmente paura che si preferisce allontanarla. Eppure l'Irlanda di oggi non esisterebbe senza la scelta del '73. La "Tigre celtica" è cresciuta grazie ai 40 miliardi di euro di trasferimenti netti che ha avuto in trent'anni dall'Europa, che le hanno permesso di avere il secondo Pil pro capite dei Ventisette dopo il Lussemburgo. Ora questa corsa è rallentata, la crisi colpisce anche l'Irlanda, che mantiene però una crescita più altra della media comunitaria. Però fa paura. Chi ricorda un paese povero davvero, isolato davvero ancora crede nella Ue, chi è abituato al miracolo economico forse più lungo della storia invece non si capacita, ad esempio, del fatto che entro il prossimo anno un quarto dei lavoratori edili perderà il suo lavoro. Sulla questione lavoro il Taoiseach (così si chiama il primo ministro) Brian Cowen punta in particolare invece proprio per il "sì" al referendum: "Di cosa si tratta? Si tratta di cercare di salvare i posti di lavoro", ha spiegato in un'intervista al quotidiano "Irish Independent". "Si tratta di trovare i mezzi per far continuare la crescita della nostra economia", ha insistito. Gli agricoltori sembra che gli abbiano creduto, sempre secondo i sondaggi, in cambio di una promessa di "veto" se qualcosa nella politica agricola comune non dovesse andare per il verso giusto. I sindacati in generale temono però che Lisbona apra ad una politica "neoliberista" in economia, che contragga i diritti dei lavoratori. Questo, secondo un sondaggio diffuso ieri, è addirittura il tema che, in questo clima di recessione economica, preoccupa la maggior parte degli elettori, il 21 per cento. Quattro milioni e duecentomila persone, tanti sono gli irlandesi, pur se protagonisti di una forte crescita demografica. Sono pochi, sono lontani da Bruxelles, alcuni temono che in futuro l'Europa possa in sostanza non occuparsi più di loro, che l'Unione sia anzi un peso dopo l'allargamento, che in molti vorrebbero vedere come un processo terminato. Già sono poco interessati ai "fratelli europei" dell'Est: "cosa ci importa di loro?" si domandano in molti sul fronte del "no" quando Cowen li invita a votare "sì" per "abbracciare i nostri amici europei dell'Est". "Think local", è uno slogan che si diffonde, anche se con una aggiunta che vorrebbe essere politically correct: "nothing personal". D'altra parte l'Irlanda, in termini proporzionali, è il Paese europeo che ha accolto più immigrati dalla Nuova Europa. Il Trattato di Lisbona prevede che dal 2014 i commissari europei non saranno più uno per Paese, come avviene ora, ma solo 18, con un sistema di turnazione. I piccoli irlandesi hanno paura di contare ancora di meno senza neanche un compatriota in Commissione, ed uno slogan del fronte del "no", affisso in tutte le città punta proprio su questo: "Teniamoci il nostro commissario, votiamo no". Tra i partiti il fronte del "no" è piuttosto ridotto: ci sono il Sinn Fein (che vuol dire "Noi da soli") che conta meno del 7% dei voti e 4 deputati e il Partito socialista, elettoralmente insignificante. Tutti gli altri sono schierati per il "sì", ma sono, evidentemente, profondamente spaccati al loro interno. Un esempio di questa spaccatura è l'interessante "no" che viene dai cattolici più conservatori e, a sinistra, dai pacifisti più convinti. I primi temono che Lisbona "apra ad aborto ed eutanasia ed al matrimonio gay", in particolare attraverso la Carta dei diritti che è allegata al Trattato. I secondi temono invece per la difesa della storica neutralità del Paese, a causa della norma che prevede il mutuo soccorso tra gli Stati membri della Ue in caso di invasione militare subita da uno di loro, anche se non si specifica nel dettaglio che tipo di soccorso debba essere. Su questo punto fioriscono schede e dibattiti, e sembra esser questione centrale per i pacifici elettori dell'isola. Almeno così dice il 18 per cento di loro secondo un sondaggio. Le interpretazioni di quel che può avvenire all'Irlanda con l'approvazione del Trattato sono spesso diametralmente opposte, con "esagerazioni che vengono da ambo le parti", spiega Emily O'Reilly, ombudsman al Referendum, l'ufficio pubblico nazionale che sorveglia sul corretto svolgimento della campagna referendaria, fornendo anche una dettagliata informazioni sui contenuti della complessa questione. Venerdì 13 giugno esiste il rischio che l'Europa si svegli con le lancette del tempo indietro di otto anni, per tornare (per restare in realtà) in un Trattato di Nizza (già bocciato una prima volta dagli irlandesi, poi ripreso 'per i capelli' con un secondo referendum) oramai troppo stretto per una Ue a Ventisette e che ambisce a crescere ancora. Sarebbe un brutto risveglio in particolare per Nicolas Sarkozy, che ha grandi progetti per il suo semestre di presidenza che inizia il primo luglio, che ne vuol fare una vetrina per se e per la Francia, anche per rilanciare la sua immagine un po' appannata. Rischia invece, il presidente francese di dover combattere con i cocci di un'Europa che non può progettare il suo futuro e dovrà invece trovare il modo di rimettere insieme i pezzi. Una condizione molto meno prestigiosa, ma in realtà non è detto affatto che i progetti di Sarkozy siano destinati a svanire.
basta un briciolo di democrazia e gli euro burocrati si cagano addosso..

martedì 10 giugno 2008

El Alamein

quasi quasi faccio un'antologia di musica identitaria..

anche se ormai le canzoni più belle lo ho messe quasi tutte.. ^^

risiko..


stasettimana mi sa che si salta..
a meno che non venga un temporale improvviso che faccia saltare il torneo..^^'
e poi sono appena cominciati gli europei.. con un'Italia in così splendida forma forma come si fa a non guardarla.. ^^'

preti buff.. obiettori

Preti non vogliono rispettare la legge "Obiezione di coscienza sull'immigrazione"

I parroci a Caffarra: "Clandestini? Se passa la legge facciamo obiezione
"La protesta capitanata da un sacerdote di Crevalcore, che ha scritto una lettera al cardinal Caffarra. "Il reato di immigrazione ci trasformerebbe tutti in criminali - spiega - le persone che aiutiamo sono in alcuni casi clandestini"
Bologna, 10 giugno 2008 - Le parrocchie non possono scegliere chi aiutare e a chi fare beneficenza sulla base di un timbro sul permesso di soggiorno. Così alcuni parroci di Bologna annunciano, in una lettera inviata al cardinal Carlo Caffarra, di essere pronti a fare obiezione di coscienza se il reato di clandestinità verrà approvato dal Parlamento.
"Il reato di immigrazione ci trasformerebbe tutti in criminali - spiega a un quotidiano locale don Francesco Scimé, parroco di Crevalcore - le persone che aiutiamo ogni giorno, che ospitiamo e sfamiamo, sono in alcuni casi clandestini. Ma noi entro certi limiti non riusciamo a starci, i poveri per un uomo di chiesa sono sempre poveri, non possiamo rispettare gli stessi paletti che evidentemente servono allo stato per far rispettare l'ordine pubblico".
"Non ho nessun astio per gli attuali governanti - precisa il parroco - ma chiedo di poter esercitare obiezione di coscienza rispetto a una eventuale legge di questo genere. Non posso lasciare fuori dalla porta della chiesa una persona bisognosa perché non ha i documenti in regola".
Già tanti sacerdoti hanno sottoscritto la missiva di don Scimè. Ma dalla Curia si chiede prudenza. "Le leggi fondamentali delle comunità cristiane sono l'amore e l'accoglienza, me ne tengo conto - dice il vescovo ausiliare, Ernesto Vecchi - ma non contro le leggi dello stato e contro il rispetto dell'ordine pubblico. E' prematuro commentare un disegno di legge che non è ancora passato dal vaglio del Parlamento anche se capisco che le comunità cristiane hanno come fine l'assistenza".
http://qn.quotidiano.net/2008/06/10/95859-parroci_bologna_clandestini.shtml

e vai che diventiamo tutti luterani..
sti str... della Caritas cominciano a rompere un pò troppo le balle..

lunedì 9 giugno 2008

lavori al Livello..

sono appena tornato dal Livello e sono disfatto..
un piccolo passo indietro..
tutti sapete che di fronte a casa mia al Livello, nel posto più bucolico e tranquillo del paese, stanno per aprire una discoteca..
pensavo di scamparla per quest'anno, ma sti melnett ^^ si son messi a lavorare in duecentomila come dei negri e venerdì inaugurano..

beh fin qua niente di che, ma il mio campetto, che sta proprio di fronte all'entrata della disco, rischiava di diventare il parcheggio non ufficiale del locale.. e mo corcazzo! dissi io..^^'

così da stamattina mi sono messo pure io a lavorare come un negro e ho costruito un palizzata di difesa ^^ .. tra l'altro, dato le mie ignobili competenze in materia, è venuta un po' così..

vabbè chi vedrà vivrà..

sabato 7 giugno 2008

legio patria nostra

pezzo un pò datato, ma sempre bellissimo..

peccato per il sound che non è il massimo..

gays vs Mara

GayPride, Mara sbeffeggiata

Un carro allegorico di un circolo omosessuale le fa "omaggio" facendo sfilare drag queens e gogo boys, svestiti come era lei nel celebre calendario hot Sale la tensione alla vigilia del Gay Pride di sabato 7 giugno.

In risposta alla decisione del ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna, che ha negato il patrocinio al corteo, il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli - organizzatore del Pride - ha preparato una sorpresa speciale tutta pensata apposta per lei. Si tratta di un carro dedicato proprio alla Carfagna. Non immaginatevela però nelle attuali mise da ministero, bensì nella versione sexy da calendario di qualche tempo fa (chi non ricorda le sue foto hot finite sulla stampa internazionale all'indomani del suo giuramento per il nuovo governo?). Adesso la Carfagna ha cambiato look, e ce la siamo ritrovati sobria, col capello corto, in look austero da signora di mezza età. Ma tutti sanno che dietro quei tailleurini si nasconde un corpo che fino a ieri non ha avuto segreti.Dei venti carri allegorici che sfileranno domani - delle associazioni glbt (gay, lesbiche, bisessuali, transgender» -, quello del Circolo Mario Mieli che si intitolerà "Sobrietà", sarà senza dubbio il più atteso: «Chi salirà sul carro - spiegano dal Circolo - avrà lo stesso "abbigliamento" che la ex valletta, oggi ministro, sfoggiò nel suo celebre calendario».

«Il Mieli ha fatto suo l'invito della Carfagna alla sobrietà - continuano dal Circolo - e ligio alle richieste del ministro ha deciso di seguirne le orme. Saranno presenti sul carro, in omaggio a ogni mese del famoso calendario, drag queens e gogo boys, elegantemente svestiti con gli stessi indumenti che la Carfagna indossava non molto tempo fa. Il carro rappresenterà una prigione dove gay, lesbiche e trans sono imprigionati e tenuti lontani dai diritti. Guardiane di questa prigione saranno le emule della Carfagna».Non si è fatta attendere la replica del ministro Carfagna, che ieri ha così commentato, incassandola con un sorriso a mezza bocca, la mossa della comunità gay: «Iniziativa simpatica, ma scontata. Quello è il mio passato e mi farebbe piacere se tale mancanza di sobrietà non fosse il loro presente e, forse e purtroppo, il loro futuro. Se anche loro lasciassero alle spalle le esibizioni, sarebbe molto più facile dialogare».Romapride 2008 partirà sabato 7 giugno da piazza della Repubblica a Roma alle 16.00 e si concluderà in Piazza Navona, anziché in Piazza San Giovanni, e naturalmente non sono mancate le polemiche per la mancata concessione di piazza San Giovanni alla chiusura del corteo.

(Libero News)




certo che ci vuole del coraggio a criticare una ministra così...^^

ora ci starebbe bene un pò di umorismo da caserma..^^ io mi trattengo..^^