giovedì 3 aprile 2008

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LAVORO/ TETTAMANZI: PIU' COMPRENSIONE PER ROM E MARGINALI DELLA SOCIETA'
Appello arcivescovo Milano alle autorità: "Abbiano vera simpatia"
Milano, 3 apr. (Apcom) - "Mi sento di chiedere alle autorità che abbiano una maggiore comprensione, vorrei dire una vera simpatia per le persone che sono considerate marginali nella nostra società". E' quanto ha affermato questa mattina l'arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, che è intervenuto all'assemblea 2008 di Confcooperative Lombardia.
"Se da un lato per le istituzioni sono doverosi i controlli - ha continuato il cardinale - dall'altro lato è doverosa da parte nostra la sorveglianza perché i cosiddetti 'contatti al massimo ribasso' garantiscano per tutti il costo vivo del lavoro e la regolarità dell'assunzione".
Parlando in merito alla cooperazione, l'arcivescovo di Milano ha spiegato che "il fondamento su cui si basa consiste nell'insieme dei valori etici, valori invisibili perché iscritti profondamente nell'essere, nel vissuto, nella coscienza, nella libertà responsabile", e ha sottolineato che "la cooperazione è sempre pronta ad accogliere in molteplici e vari bisogni delle persone, delle famiglie e delle comunità".
"La cooperazione è fatta apposta - ha concluso Tettamanzi - per abbattere i muri di divisione tra le persone".
http://notizie.alice.it/notizie/cronaca/2008/04_aprile/03/lavoro_tettamanzi_piu_comprensione_per_marginali_della_societa,14451538.html

che tristezza sti vescovi collusi con invasori e criminali.. vien voglia di farsi shintoista...^^
meglio ricordare qualche stralcio di vera fede...

Tratto da "De laude novae militiae ad Milites Templi"
« Ma quale è dunque il fine e il frutto di questa non dirò “milizia”, ma piuttosto “malizia” mondana, se l’uccisione pecca mortalmente e l’ucciso muore eternamente? Invero, a dirla con l’Apostolo, “chi ara deve arare con speranza, e chi trebbia con speranza di avere parte del frutto” (I Cor., 9,10). Che cos’è dunque, o Cavalieri, questa incredibile passione, questa intollerabile pazzia di guerreggiare con tante spese e tante fatiche senza alcun altro guiderdone che la morte o il peccato? Coprite di seta i cavalli e rivestite di non so che genere di straccetti colorati le corazze; dipingete le lancie, scudi e selle; ornate d’oro, d’argento e di gemme le briglie e gli speroni; e in tanta pompa correte, con vergognoso furore e impudente stupidità, alla morte.
Sono insegne militari, queste, o femminei ornamenti? Forse che il ferro del nemico avrà paura dell’oro, rispetterà le gemme, non potrà attraversare la seta? In fondo, e voi stessi lo sperimentate di continuo, al combattente sono soprattutto necessarie tre cose: che sia abile, alacre e circospetto nel guardarsi, rapido nel cavalcare, pronto nel ferire. Voi al contrario vi curate come donne i capelli fino a disgustare chi vi vede, vi coprite con sopravvesti lunghe e drappeggiate che vi impicciano i movimenti, seppellite le tenere e delicate mani in ampi e comodi guanti… Né tra voi sorge quasi mai guerra o contesa che non sia originata da un moto irrazionale d’ira o da un vuoto desiderio di gloria o dall’avidità di ricchezze terrene.Certamente, uccidere o morire per motivi del genere non è cosa da fare con tranquillità. I cavalieri di Cristo combattono invece le battaglie del loro Signore e non temono né di peccare uccidendo i nemici, né di dannarsi se sono essi a morire: poiché la morte, quando e data o ricevuta nel nome di Cristo, non comporta alcun peccato e fa guadagnare molta gloria. Nel primo caso infatti si vince per Cristo, nell’altro si vince Cristo stesso: il quale accoglie volentieri la morte del nemico come atto di giustizia, e più volentieri ancora offre se stesso come consolazione al Cavaliere caduto. Il Cavaliere poi, posso affermarlo, uccide sicuro e muore più sicuro ancora: giova a se stesso quando muore, a Cristo quando uccide. Non è infatti senza ragione che porta la spada: egli è ministro di Dio in punizione dei malvagi e in lode dei buoni. Quando uccide il malvagio egli non è “omicida”, ma – per così dire – “malicida”, ed è stimato senza dubbio vindice di Cristo su quelli che fanno il male a difensore dei cristiani. E quando muore, si sa che egli non è perito, ma è – piuttosto – giunto alla meta. La morte che egli dispensa è infatti un guadagno per Cristo: quella che egli riceve è il guadagno suo personale. Nella morte del pagano il cristiano si gloria, perché Cristo è glorificato. Nella morte del cristiano si dimostra quanto magnanimo sia stato il re che ha ingaggiato il Cavaliere »

da prendere così... ma questo è S. Bernardo.. mica un qls stronzo di Milano.. (della caritas..)

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