"Al Pigneto sono stato io
Non chiamatemi razzista"
di CARLO BONINI
L'uomo del raid del Pigneto, "l'italiano sulla cinquantina" cui la polizia cerca da cinque giorni di dare un volto, il più vecchio tra i mazzieri, il "Capo", arriva all'appuntamento ai tavolini di un bar che è notte. Ha i capelli brizzolati, gli occhi lucidi come di chi è in preda a una febbre. Allunga la mano in una stretta decisa che gli fa dondolare il ciondolo d'oro al polso.
"Eccome qua, io sarei il nazista che stanno a cercà da tutti i pizzi. Guarda qua. Guarda quanto sò nazista...". La mano sinistra solleva la manica destra del giubbetto di cotone verde che indossa, scoprendo la pelle. L'avambraccio è un unico, grande tatuaggio di Ernesto Che Guevara.
"Hai capito? Nazista a me? Io sono nato il primo maggio, il giorno della festa dei lavoratori e al nonno di mia moglie, nel ventennio, i fascisti fecero chiudere la panetteria al Pigneto perché non aveva preso la tessera". L'uomo ha 48 anni. Delle figlie ancora piccole. Una storia difficile di galera e di imputazioni per rapina. E, naturalmente, un nome. "Quello lo saprai molto presto. Il giorno che mi presento al magistrato, perché quel giorno il mio nome non sarà più un segreto. Mi presento, parola mia. La faccio finita cò 'sta storia. Ma ci voglio andare con le gambe mie a presentarmi. Nun me vojo fà beve (arrestare ndr.) a casa. Perciò, se proprio serve un nome a casaccio, scrivi Ernesto... ".
Indica la foto sulla prima pagina dell'edizione di Repubblica del 27 maggio. Quella scattata durante il raid con il telefono cellulare da uno dei testimoni dell'aggressione. "Ecco. Io sono questo qua. Questo cerchiato con il marsupio e la maglietta rossa, che si vede di spalle. La maglietta è una Lacoste. Adesso ti racconto davvero come è andata. Ti racconto la verità prima che mi si bevono. Perché la verità, come diceva il Che, è rivoluzionaria. La politica non c'entra un cazzo. Destra e sinistra si devono rassegnare. Devono fare pace con il cervello loro. Non c'entrano un cazzo le razze. Non c'entra - com'è che se dice? - la xenofobia. C'entra il rispetto. Io sono un figlio del Pigneto. Tutti sanno chi sono e perché ho fatto quello che ho fatto. Tutti. E per questo si sono stati tutti zitti con le guardie che mi stanno cercando. Perché mi vogliono bene. Perché mi rispettano. Perché hanno capito. Io ho sbagliato. E non devo e non voglio essere un esempio per nessuno. Ma per una volta in vita mia, ho sbagliato a fin di bene. E allora è giusto che il Pigneto veda scritta la verità. Se lo merita. E quella la posso raccontare solo io".
La "verità" di "Ernesto" ha un incipit. Giovedì 22 maggio. Quarantotto ore prima del raid. "A metà mattina, a una donna di cui non faccio il nome e a cui voglio bene come a me stesso, rubano il portafoglio in via Macerata. Non faceva che piangere. Un amico mio - un immigrato, pensa un po' - mi dice che se lo voglio ritrovare devo andare nel negozio di quell'infame bugiardo dell'indiano. In via Macerata. Perché il ladro sta lì. E' un marocchino, un tunisino, mi dice l'amico mio. Venerdì, verso mezzoggiorno, ci vado. Trovo questa merda di marocchino, o da dove cazzo viene, questo Mustafà, seduto davanti al negozio con una birra in mano. Una faccia brutta, cattiva, con una cicatrice. Mi fa cenno di entrare e nel negozio mi trovo lui, l'indiano bugiardo e un vecchio, un italiano. Il marocchino mi dice: "Tu passare oggi pomeriggio e trovare portafoglio". Io dico va bene e, te lo giuro, non mi incazzo, né strillo. Dico solo: "Dei soldi non me frega niente. Ma dei documenti sì". Ripasso il pomeriggio e quello mi dice: "Scusa. Non fatto in tempo. Torna domani". Io ripasso sabato mattina e quel Mustafà là, ridendo, sempre con quella cazzo di birra in mano, mi fa segno che i documenti l'ha buttati dentro una buca delle lettere. Allora non ci ho visto più. Mi è partita la brocca. Ho cominciato a strillare, dentro e fuori del negozio. In mezzo alla strada. E ho detto: "Se vedemo alle cinque. E se non salta fuori il portafoglio sfascio tutto"". Alle 17 di sabato, dunque, arriva "Ernesto". Ma non da solo. "Eh no. Fermati. Fermati qui. Io arrivo da solo. Perché io voglio andare a gonfiare il marocchino da solo. Io quando devo fare a cazzotti non mi porto dietro nessuno. Il problema è che quando arrivo all'angolo con via Macerata non ti trovo una quindicina di ragazzi del quartiere? Tutti incazzati e bardati. Te l'ho detto. Mi vogliono bene. Avevano saputo della tarantella ed erano due giorni che sentivano questa storia di questo portafoglio. Evidentemente volevano starci pure loro e si sono presentati. Non l'ho mica chiamati o invitati". "Ernesto" fa un cenno al cameriere. Chiede un whiskey di malto scozzese. Un "Oban". Strizza l'occhio. "Lo vedi questo? E' cresciuto con me al Pigneto". "Che stavo a dì? Ah sì, i pischelli. Io davvero non riesco a capire come si sono inventati la storia della svastica. Ma quale svastica? Io questi pischelli non li conosco personalmente, ma mi dicono che sono tutto tranne che fascisti. E, comunque svastiche non ce n'erano. Quei pischelli, per quanto ne so, si fanno il culo dalla mattina alla sera. E hanno solo un problema. Si sono rotti il cazzo di vedere la madre, la sorella o la nonna piangere la sera, perché qualche vigliacco gli ha sputato o gli ha fischiato dietro il culo. Te lo ripeto, io non l'ho chiamati. Io ce li ho trovati. E poi, scusa tanto sa, ma hai mai visto tu un raid nazista senza una scritta su un muro? Qualcuno si è chiesto perché, se era un raid, nessuno ha toccato per esempio i sette senegalesi che vendevano i cd taroccati in via Macerata? Lo vuoi sapere perché? Perché i senegalesi non avevano fatto niente. Perché sono amici. Perché portano rispetto e quando stava per cominciare il casino al negozio dell'indiano, gli ho detto di mettersi da una parte". Forse "Ernesto" vuole solo coprire quei ragazzi. Forse la sua storia comincia a pattinare. "Aspetta. Io ti ripeto che i nomi di quei pischelli non li conosco e, comunque, se anche li conoscessi non li farei mai. Ma la dimostrazione che dico la verità sai qual è? E' che loro erano tutti coperti. Con i caschi, con i cappucci. E io invece ero l'unico a volto scoperto. Perché, come t'ho detto, io se devo andare a fare a cazzotti ci vado a mani nude, da solo e a viso scoperto. Te ne dico un'altra. La dimostrazione che sto dicendo la verità è che quando l'indiano di via Macerata mi vede e se la dà, dopo che gli ho sfasciato le vetrine, i pischelli si mettono a correre verso via Ascoli Piceno. Per me è finita lì. E non capisco quelli che vogliono fare. Allora li raggiungo a piedi e quando all'angolo tra via del Pigneto e via Ascoli Piceno vedo che stanno a fà un macello con i bengalesi, che si sono messi a sfasciare le macchine della gente del quartiere, cominciò a gridare. Grido: "A pezzi de merda che state a fa'? Annatevene da lì, a rincojoniti!". Per questo, come ho letto sui giornali, dicono che hanno sentito "il Capo" dare ordini in italiano. Ma quali ordini? Io li stavo a mannà a fanculo perché mi era presa paura. Avevo capito che casino stava montando". Cosa aveva capito "Ernesto"? L'uomo butta giù il fondo di "Oban" rimasto nel bicchiere. Accende una Marlboro rossa. "Avevo capito che, senza volerlo, avevo slegato la bestia. Avevo capito che il veleno mio era il veleno di tutti. Sai perché penso che i pischelli sono andati dai bengalesi in via Ascoli Piceno? Perché quell'alimentari là, quello dove è andato a chiedere scusa Alemanno, due anni fa l'avevano chiuso per spaccio. Perché sotto il sacco dei ceci che dice di vendere, il bengalese ci teneva la droga. So che è andato assolto perché ha detto che la roba la nascondeva un marocchino. Sta di fatto che lì davanti è sempre un circo. Stanno sempre aperti. Anche alle cinque de mattina. Mi spieghi che cazzo si vendono?". "Ernesto" chiede un altro wiskey. "La storia potrebbe finire qua. Ma non finisce qua". L'uomo, ora, ha voglia di raccontare chi è e come è cresciuto. "Perché tutto si deve sapere. Tutto. Perché poi, quando ti si bevono, i giornali scrivono un mucchio di cazzate". E' il quarto di cinque figli, "Ernesto". Suo padre è un carabiniere. Lo perde a 8 anni e finisce in collegio, perché a casa, al Pigneto, non si riesce a mettere insieme il pranzo con la cena. Quando esce dall'istituto, comincia a rubare. "Per fame. Ho sempre rubato solo per fame. E mai al Pigneto". A 24 anni perde anche la madre. Comincia a entrare e uscire di galera. Regina Coeli, Sollicciano, "dove a Pacciani, j'ho fatto 'na faccia tanto. Sto schifoso... ". "Sempre accusato di reati contro lo Stato... ". Contro lo Stato? "Sì, rapine in banca. Perché, le banche non sono dello Stato?". Ride, per la prima volta. Poi si fa di nuovo cupo. "Il Pigneto era bellissimo. Da ragazzino giocavo a ruzzichella dove adesso ci stà quello schifo di isola pedonale. Dove adesso vomitano e pisciano fino alle cinque de mattina, ci stava il cocomeraro e quello che vendeva le cozze col limone. Posso sopportare che mentre vado al mercato a comprare il pesce per mia figlia che è una ragazzina, lei deve vedere uno che se tira fuori l'uccello e sui banchi del mercato ci piscia? Eh? Lo posso sopportare?". Il colore della pelle, dice, non c'entra. "Io ho litigato con tutti quelli che non portano rispetto alla gente del Pigneto. Bianchi e neri. Io ho fatto casino qualche settimana fa al pub di via Fanfulla, perché quattro stronzetti italiani non mi facevano rientrare a casa con le bambine e quando ho chiesto di spostare una macchina in doppia fila, mi hanno imbruttito dicendo: "Perché, se no che succede?". "Succede che te gonfio", ho detto. E si sono spostati. Ho litigato con degli algerini sotto casa, che mi stavano fregando il motorino. Ne ho appicciati al muro un paio e da allora sai come mi chiamano? "Grande mujaheddin. Grande talibano". Beh, l'altra sera m'hanno riportato le chiavi della macchina che mi ero dimenticato sul cofano. Hai capito, sì? Io non ce l'ho con nessuno. Io voglio bene ai neri e ai bianchi che rispettano gli altri. Che rispettano il Pigneto, che insieme alla mia famiglia è l'unica cosa che ho. Io sono cresciuto al bar Necci, hai presente? Sai, no? Quello del film di Pasolini "Accattone". Vai a chiedere di me lì. Vedi che ti dicono. Vai a chiede di me allo stagnaro di via Ascoli, o al bar di fronte. Vedi che dicono. Io ci sono poche persone che non rispetto. I bugiardi, i laidi, gli ipocriti, le pecore. E ti racconto ancora una cosa che mi devi promettere di scrivere". "Ernesto" tira fuori l'ultima sigaretta del pacchetto di Marlboro, che poi accartoccia come carta velina. "Pifano. Daniele Pifano, hai presente? Collettivo di via dei Volsci. Autonomia, anni '70 e compagnia cantante. Beh, stai a sentire. Viene a vivere al Pigneto e due anni fa becca un fascistello che gli rompe il cazzo. Ti dico: questo qua lo umilia e gli distrugge la bici davanti a tutti. Io mi metto in mezzo e da allora, quando vedono Pifano, si scansano. E lui che fa? Sabato, dieci minuti dopo il casino, si mette con i centri sociali nell'isola pedonale a strillare che sono arrivati i nazisti al Pigneto. Ma come si fa? Ma che uomo sei? Ma che dignità c'hai a giocare sulla pelle del Pigneto e del sottoscritto? L'altro giorno ho provato a chiamare anche Luxuria, quella di Rifondazione. Gli ho detto: "Dovemo parlà". E lui: "Sì ma al telefono perché sono a Cosenza per una riunione". Allora io dico. Tu starai pure a Cosenza, ma al Pigneto, che è dove vivi pure tu, chi ci pensa?".
Chi ci pensa? "Ernesto" ride. "A pagare i wiskey ci pensi tu, perché io stò in bianco e devo pure pensare a trovare un avvocato bravo. Poi, quando sarà finita tutta questa storia, offrirò io. Ora vado. Mi raccomando. La verità. Io non sono un esempio per nessuno. Ma stavolta, davanti alle mie figlie, voglio che sia diverso. Non come le altre volte che m'hanno visto andare in Centrale o carcerato. Stavolta l'ho fatto per loro. E per il Pigneto. In fondo, non ho ammazzato nessuno. E tutto 'sto casino, non l'ho armato io"
http://www.repubblica.it/2008/05/sez...tml?ref=search
ahahah..
e ora Liberazione, Raitre e gli altri cosa s'inventeranno..?
mi sa che la moda di quest'estate sarà quella delle fanta aggressioni nazzyte..
Roma: rissa tra antifascisti e militanti di destra
Un gruppo di studenti dell'università "La Sapienza" sono stati aggrediti in via de Lollis, da un gruppo di giovani di estrema destra. La denuncia dell'aggressione è stata fatta da un'organizzazione di "Studenti e studentesse antifascisti della Sapienza". Tra gli studenti ci sono dei feriti, che sono stati assistiti dai medici del Pronto soccorso del policlinico Umberto I per ferite e lesioni, valutate come "non gravi"
E’ salito a quattro il numero dei feriti dell’aggressione davanti all’università “La Sapienza”. La notizia è stata resa nota dal policlinico Umberto I, dove gli studenti sono stati medicati: le prognosi vanno da 20 a cinque giorni. Dei quattro, due appartengono ai collettivi studenteschi di sinistra e due al gruppo di estrema destra, che questa mattina ha aggredito gli studenti che facevano volantinaggio. Tutti e quattro sono stati portati in questura. L'aggressione, durata oltre dieci minuti, è avvenuta in pieno giorno, davanti a centinaia di persone. Secondo il volantino, diffuso dagli antifascisti “l’aggressione sta a testimoniare il clima d’impunità assoluta di cui i neofascisti godono in questa città". I fascisti avrebbero picchiato duro “servendosi di mazze, tirapugni, bastoni". Fra i quattro studenti: uno ha una spalla rotta, mentre gli altri due presentano ferite alla testa, un altro ancora contusioni.
IL RACCONTO. "Ero a circa 40 metri di distanza dal luogo degli scontri, a un certo punto ho visto un ragazzo sulla trentina che ha spaccato una trave di legno sulla testa di un ragazzo: una scena terribile, un tonfo sordo, un gesto di una violenza assoluta". E’ questo il racconto di un ragazzo di 25 anni, iscritto alla Facoltà di “Lettere e filosofia” nell'università “La Sapienza di Roma”, testimone degli scontri in Via de Lollis. Il giovane ricorda che il più attivo negli scontri era "un uomo robusto, alto circa un metro e novanta, che subito dopo aver colpito uno dei ragazzi del collettivo è fuggito a piedi". Anche il testimone oculare conferma che questa mattina in via de Lollis, gli aggressori erano muniti di mazze di legno e catene. "Nessuna rissa solo un'aggressione premeditata e a freddo, da parte di militanti e attivisti di Forza Nuova" dicono gli studenti del coordinamento dei collettivi studenteschi della Sapienza di Roma. "Sono scesi all'improvviso da due auto – racconta Francesco, uno studente - erano a volto scoperto, tutti ultraquarantenni, armati di spranghe e coltelli. Hanno aggredito una decina di studenti che attaccavano manifesti in cui si annunciava un'assemblea pubblica contro i nuovi fascismi".
Il FATTO. L'aggressione risulta legata all’assemblea, programmata a Lettere sulle foibe, a cui avrebbe dovuto partecipare il leader di “Forza Nuova” Roberto Fiore, a cui il rettore ha negato l'autorizzazione, dopo la mobilitazione degli studenti antifascisti. Roberto Fiore, segretario nazionale di Forza Nuova, rovescia le accuse: «Sono stati i militanti di Forza Nuova a essere aggrediti dai giovani dei collettivi dell’Università La Sapienza, e non il contrario. Abbiamo due feriti, due fermati e un'auto distrutta». «Dei due fermati - spiega Fiore - so che uno è Martin Avaro, responsabile della sezione Vescovio di Forza Nuova”. Sulla vicenda interviene anche la parlamentare del Pd Giovanna Melandri: "Dopo l'attacco agli omosessuali e quello ai commercianti bengalesi degli scorsi giorni, oggi arriva l'ennesimo episodio di violenza: stavolta a danno di studenti universitari – dice - È evidente che non si tratta di una rissa improvvisata, ma di un'aggressione premeditata, messa in atto da squadre neofasciste che si sentono di nuovo forti. Chiediamo una condanna unanime ed un disconoscimento senza eccezioni. Chi governa ricordi che garantire il diritto alla sicurezza vuol dire, innanzitutto, garantire l'incolumità di ogni persona indistintamente dalla sua etnia, dai suoi orientamenti o dalle sue convinzioni politiche".
http://www.unionesarda.it/DettaglioCategorizzato/?contentId=26227
ecco altro esempio..
analizzando la ricostruzione giornalistica, si scopre che quattro neri, che stavano attaccando manifesti, avrebbero assalito una ventina di rossi (ahahah), dopo che ai primi avevano vietato un convegno..
i fatti.. i fermati sono solo i neri (ai quali i rossi hanno pure mazziato una macchina..) e cercando foto e filmati su interdet si nota chiaramente chi aggrediva e chi si difendeva.. (in inferiorità numerica..)
magari fra qlc giorno salta fuori la verità.. come per Verona o per i fatti del Pigneto..
ma che si vuol fare.. la moda dell'estate è l'aggressione nazzyta..
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3 commenti:
ahah si quando la gente tenta di farsi rispettare facendo l'unica cosa che ci rende ancora liberi o sono terroristi o nazzysti adesso. che culo.
effettivamente ne hanno pestata una dopo l'altra..
bè, se c'è una moda è giusto seguirla...
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